13 salvagenti per facilitatori esperti e non

Facilitare un gruppo di persone è un po’ come fare l’accompagnatore di tour, a volte organizzato altre un viaggio-avventura. Dove tu sei la guida, esperta di quel paese, oppure no, ma che con una missione chiara: prendersi cura del gruppo.

Come ogni buon accompagnatore mantieni compatto il gruppo, non lasci nessuno indietro e ti assicuri che tutti siano coinvolti adattandoti quando le cose cambiano. Questo è il mestiere di chi gestisce i gruppi, si impegna per portarli lontano fisicamente o metaforicamente come nel caso della facilitazione.  Il facilitatore o la facilitatrice mette in moto qualcosa e accompagna le persone verso un cambiamento. Lo fa su terreni sconnessi, tra scenari mutevoli e azioni mirate.
Ogni progetto, ogni attività sono di fatto degli unicum, delle situazioni spesso non ripetibili. Ma sussistono, però, alcune costanti in grado di metterci al sicuro come facilitatori/trici. Sono 13 punti di attenzione che possono fare la differenza nella progettazione e nello svolgersi delle attività con i partecipanti.

Ecco allora 13 errori + 13 suggerimenti in grado di assicurarci la tenuta del lavoro collettivo e contenere piccoli e grandi incidenti di percorso.

1. Abbonda non sovraccaricare

E mantieni l’equilibrio.
In un workshop si vorrebbe sempre coprire più terreno possibile. Vuoi andare in profondità, condividere tutte il maggior numero di informazioni e lasciare alle persone un bagaglio consistente di conoscenze. Ok, ora cancella tutto. Perché questa è la strada più sicura verso le cascate del sovraccarico cognitivo. Meglio meno, solido e mirato in cui i partecipanti non si sentono affranti, mentalmente sopraffatti dall’overload di informazioni che gli offri.

Cosa puoi fare?

Invece di stipare la valigia, dai la priorità alle cose essenziali. Cosa ti serve veramente? Cosa devono conoscere i partecipanti? Concentrati su questi punti e dai ai partecipanti lo spazio per elaborare le informazioni scandite da pause che permettono alle persone di metabolizzare.
Abbonda solo in fase di progettazione dell’attività, questo ti permetterà di prioritizzare e scegliere l’essenziale. Solo la legna da ardere direbbe Arnold Mindell.

2. Ascolta il campo

E impara ad ascoltare con gli occhi.
L’energia di un workshop è raramente costante. Potrebbero esserci dei cali, in particolare dopo pranzo o durante le fasi più lunghe di ascolto. Se non ti adatti a questi cambiamenti, i partecipanti non ti seguono e rischi di trovarti da solo/a mentre avanzi verso la meta.

Cosa puoi fare?

Tieni d’occhio l’energia della sala. Se le persone sembrano stanche, fai un rapido energizzante, come una pausa per alzarsi e fare stretching, o passa a un formato di attività diverso, come discussioni in piccoli gruppi. Se le persone sono entusiaste, assecondale invitandole ad un confronto più aperto. Adattarsi all’energia della sala assicura che tutti restino sempre coinvolti.
Frammenta il ritmo delle attività e alternale in maniera anche inaspettata, questo terrà sempre vigili e vivaci le persone.
Leggi la storia di Elena Ceriotti Tutti fuori! In 33 Funamboliche storie di facilitazione

3. Restituisci in maniera solida

E genera picchetti.
Qualsiasi workshop può sembrare incompleto senza un messaggio chiaro e/o un follow-up. La mancanza di chiusura immediata, netta e forte può generare disorientamento tra i partecipanti (e quindi???). Come conseguenza c’è la mancanza di appigli o picchetti: le persone sentono di avere perso qualcosa e di non essere in grado di applicare ciò che hanno imparato.

Cosa puoi fare?

Concludi la sessione riepilogando i punti principali e delineando eventuali passaggi successivi. È possibile riassumere i punti chiave, condividere un elenco di risorse o programmare un momento finale di domande su cosa ognuno si porta a casa della sessione: Cosa avete scoperto? Cosa vi ha colpito? Cosa avete imparato di nuovo?)
Inviare un’e-mail di follow-up con un riepilogo e link a risorse pertinenti può essere particolarmente utile per rafforzare il contenuto del workshop, ma soprattutto a prolungare l’effetto dell’esperienza positiva che resta memorabile.
Leggi la storia da partecipante di Flavia Rubino Pupazzetti combattenti in 33 Funamboliche storie di facilitazione per capire il valore di una restituzione onesta e robusta.

4. La tecnologia non è il tuo dio

Anche se in troppi lo credono.
Sebbene la tecnologia possa essere uno strumento fantastico di facilitazione, affidarvisi troppo può essere pericoloso. Un improvviso guasto o un problema tecnico mandano all’aria la sessione generando imbarazzanti silenzi o perdite di tempo. Leggete le storie di Delfino Corti tutto in un lampo e di Maria Vittoria Colucci La tecnologia abilita... in 33 Funamboliche storie di facilitazione.

Cosa puoi fare?

Avere sempre un piano di riserva low o no-tech in atto. Se si utilizza un proiettore, prendere in considerazione la possibilità di stampare materiali nel caso in cui l’apparecchiatura non funzioni. Se si è pianificato un sondaggio interattivo, preparare alcune domande di discussione aperte come riserva. E, naturalmente, testare tutto in anticipo. Ad esempio, se il workshop avviene su lavagne online, come Miro o Mural, non disdegnare strumenti meno alternativi come chat, mail o Drive per raccogliere i dati. In questo modo l’attività non si bloccherà.

5.  Indica il tracciato, mai la meta

Stabilisci sempre le regole in maniera condivisa.
Se i partecipanti non conoscono lo scopo della sessione o le “regole di ingaggio”, possono sentirsi disorientati o poco confidenti. Definire le aspettative fin dall’inizio di un workshop aiuta a creare un ambiente solido in cui i partecipanti comprendono ruoli e obiettivi della sessione.

Cosa puoi fare?

Inizia dichiarando in maniera chiara gli obiettivi della sessione, la struttura e le linee guida della partecipazione. Spiega come si svolgerà la sessione e in quali tipi di attività saranno coinvolti. Ad esempio, se stai guidando una sessione di brainstorming, fai sapere ai partecipanti: “Oggi siamo qui per generare almeno 100 idee senza che vi preoccupiate della loro fattibilità“. Questa chiarezza di intenti aiuta a le persone a sentirsi radicate e concentrate, rendendole più propense ad impegnarsi pienamente.

6. Questo lo scopro strada facendo…

Lascia improvvisare gli attori.
Per quanto esperto/a l’imprevedibile esiste ed è sempre in agguato. Capisco. Sei sicuro delle tue capacità e pensi di poter gestire qualsiasi cosa al volo sei fortunato, ma preparare un piano dettagliato di cosa dovrebbe avvenire momento per momento salva la vita.

Cosa puoi fare?

Descrivi chiaramente cosa vuoi ottenere e cosa devono portare via i partecipanti.
Crea un programma dettagliato, anche se non lo rispetti rigidamente. Sarà lì il tuo salvagente.
Raccogli e testa tutti i materiali e la tecnologia di cui avrai bisogno: sono adatte al pubblico di riferimento? Si capiscono? Loro le capiranno? Ricorda che tu non sei loro e uno sforzo di empatizzazione è più che indispensabile.

7. Se ti attacchi al piano con la colla

La flessibilità deve essere il tuo mantra.
Questo è l’altra faccia dello problema precedente: hai bisogno di una guida ma non puoi dipendere da questa. Mentre la pianificazione è fondamentale, essere inflessibili è altrettanto disastroso. Se qualcosa non funziona, forzare le cose può solo peggiorare la situazione.

Prova a leggere la mia storia Quando l’universo i segnali te li manda in 33 Funamboliche storie di facilitazione per crederci.

Cosa puoi fare?

Calcola sempre più slot temporali di riserva per discussioni o problemi imprevisti.
Ascolta il campo: se l’energia è bassa o un’attività non sta dando i risultati previsti, preparati a cambiare direzione velocemente. Progetta piccole attività di riserva o momenti di confronto.
E poi non ti fermare, leggi la storia di Viviana Neglia Sotto la superficie in 33 Funamboliche storie di facilitazione per ricordare che il design dell’attività non può che essere duttile e resiliente.

8. Sicuro di chi hai davanti?

Raccogli informazioni ma mantieniti critico/a.
Facilitare non riguarda te, riguarda loro, i tuoi partecipanti. Trascurare le loro esigenze e le dinamiche che si attivano ha come conseguenza un’esperienza mediocre. Raccogliere prima tutte le informazioni è indispensabile, ma è altrettanto importante non prenderle per oro colato. 

Cosa puoi fare?

Comprendi il tuo pubblico, il suo background, le sue aspettative e i suoi stili di apprendimento. Se puoi esploralo prima intervistando i referenti o inviando un brevi sondaggi pre-evento. Valuta sempre criticamente quello che ti potranno restituire leadership e manager, sarà sempre un punto di vista interno. Pianifica attività che soddisfino stili differenti di apprendimento: visivo, uditivo, cinestetico. Ma sii pronto/a a invertire direzione se qualcosa non risuona. A volte, anche i piani migliori, hanno bisogno di modifiche al volo.

E se questo non bastasse leggi la storia di Paola Santoro Dall’extreme sorting all’extreme chaos in 33 Funamboliche storie di facilitazione e imparerai a considerare aspetti importanti.

9. Ehi, la scena non è tua, ti ricordi?

Parla meno ascolta sempre.
Il facilitatore/trice più vivace che sa tenere il pubblico resta sempre indimenticabile nell’esperienza delle persone, ma c’è sempre un “ma”. Essere troppo ingombranti, occupare troppo la scena, parlare oltre una determinata percentuale trasforma un incontro di facilitazione in una stand up comedy (o tragedy se preferite).

Cosa puoi fare?

Ricorda la regola 80/20: i partecipanti dovrebbero parlare per l’80% del tempo, e tu solo il 20%. Quindi, facilita le discussioni anziché monopolizzare la conversazione.
Usa domande aperte per incoraggiare la partecipazione. Incorpora discussioni di gruppo o sessioni di breakout. Questo mantiene alti i livelli di energia e le idee fluiscono in maniera naturale.
Non aver paura delle pause. Dai ai partecipanti il ​​tempo di pensare e rispondere, ricorda, il silenzio è sempre un alleato.

10. Tempo alleato, tempo nemico

Progetta sempre a blocchi.
Esaurire il tempo o trascinarlo può frustrare i partecipanti, allora bisogna trovare un corretto equilibrio.

Cosa puoi fare?

Fai pratica in anticipo sui tempi. Assegna fasce orarie specifiche per ogni segmento del programma. Lasciati sempre 30 minuti finali liberi, ti serviranno se hai sforato sulle attività. Potrai usarli per le riflessioni finali o per un esercizio sacrificabile. Valuta in anticipo cosa tagliare se il tempo si assottiglia.
Tieni d’occhio l’orologio o chiedi a un co-facilitatore di aiutarti a gestire il tempo.

Allora leggi le storie di Marta Buffa Il tempo è tiranno o quella di Valentina Catena Da soli mai in 33 Funamboliche storie di facilitazione per imparare a gestire il tempo nella facilitazione.

11. Balla a ritmo

Segui la musica che si alza interno a te.
Mantenere i partecipanti nel momento è fondamentale. La mancanza di coinvolgimento genera individui annoiati che si influenzano a vicenda e che non vedono l’ora che quel momento termini.

Cosa puoi fare?

Mixa! Mescola i metodi: presentazioni, video, attività interattive, attività fisiche e discussioni. Organizza le persone attraverso attività individuali, a coppie, a triadi e a gruppi. Usa la tecnologia per veloci sondaggi, quiz, utilizza piattaforme interattive come Mentimeter anche dal vivo per sollecitare gioco e sfida. Tutto questo si traduce in cambiare continuamente passo, ma senza strafare. Il fattore sorpresa aiuta a mantenere sempre alta l’attenzione dei partecipanti.
Pianifica brevi pause o rapidi energizzanti per mantenere il ritmo, le persone non dovrebbero mai arrivare a chiedere una pausa.

E poi leggi come Dario Solina ha affrontato in problema in Una scena agghiacciante, la sua storia di  33 Funamboliche storie di facilitazione per imparare a ballare a ritmo.

12. Mister No? A volte è un’opportunità

I partecipanti ostili ci sono sempre, impara a valutarli.
Chi non ha avuto almeno una volta in aula un partecipante difficile? Quello che si oppone, si mette di traverso, non vuole partecipare, che cerca lo scontro o fomenta gli altri. Ignorarlo o gestirlo male può far deragliare la sessione.

Cosa puoi fare?

Parti dal presupposto che la sua posizione raramente è unica. Un oppositore rappresenta sempre il pensiero di più persone, nella stanza, ma non solo. Ignorarlo/a non ha senso perché in realtà è portatore di un disagio che solo lui/lei hanno la forza di esprimere.

Allora mettiti in ascolto e affronta le interruzioni con calma. Prova a stabilire alcune regole chiare per dall’inizio. Lavora insieme alle altre persone non per isolare il soggetto, ma per farlo/a portavoce di un dissenso. Investi la persona difficile di un ruolo esplicito e guarda la dinamica che si innesca. A volte, è il gruppo stesso che può aiutarti a gestire i soggetti difficili rafforzando ascolto e confronto, le prime frizioni si originano proprio dall’assenza di questi ultimi.

Leggi la storia di Fabrizio Lonzini Darsi nella facilitazione in 33 Funamboliche storie di facilitazione per scoprire che dietro ogni Mister No c’è, spesso, solo paura e dolore.

13. Chiudi alla grande

Non trascurare la chiusura.
Può capitare anche a facilitatori esperti, presi da risultati entusiasmanti in aula, di tralasciare i feedback dei partecipanti. Sono occasioni mancate che non onorano il post-esperienza, quel momento che, impresso nella memoria, le persone porteranno a casa.

Cosa puoi fare?

Distribuisci moduli dopo la sessione. Rendili rapidi e facili da compilare.
Invia e-mail di follow-up chiedendo feedback. I partecipanti sono sempre più riflessivi dopo la sessione ma se hanno vissuto un’esperienza positiva ti dedicheranno di buon grado qualche minuto.

Prenditi del tempo per riflettere su cosa è andato bene e cosa no. Tieni un diario e costruisci liste o tabelle che sintetizzino situazioni tipo e soluzioni consigliate.

 

Non esiste il facilitatore o la facilitatrice perfetta. Tutti commettiamo errori e questo lo rende un mestiere più umano (guai se non fosse così).

La chiave è imparare ogni volta e continuare a migliorare. Consapevoli di queste insidie, sperimentando, implementando nuove strategie e condividendo possiamo essere tutti professionisti migliori e soprattutto portare la facilitazione ad un livello superiore in qualsiasi ambito e settore.

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Per approfondire puoi leggere:

33 funamboliche storie di facilitazione. Lavorare con i gruppi e imparare da tutto quello che succede sul campo.

O, ancora, ascoltare le interviste di:

FUNAMBOLICA. A tu per tu con chi lavora con i gruppi di persone per portarli lontano.

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