Anatomia del codesign tra identità e visione

Il codesign ha bisogno di radici solide che definiscano in maniera concreta i binari sui quali il viaggio ha inizio. Parliamo di codesign quando l’approccio allarga in maniera esponenziale il coinvolgimento delle persone. È un processo che non si limita al team di progetto, che, magari, è insieme da sempre, ma si espande a chiunque sia portatore di valore o possa in qualche modo influenzare il lavoro.
Facciamo codesign con team trasversali, interfunzionali, internazionali, coinvolgendo utilizzatori diretti o indiretti, audience di rimbalzo, target-vettori del sistema valoriale, che il tema lo dominano, lo consigliano, o ne subiscono l’influenza.

Un esempio pratico

Un progetto internazionale per migliorare la qualità della vita di chi ha subito un trapianto

Un progetto europeo che ha come obiettivo quello di migliorare gli standard di vita delle persone che hanno subito un trapianto. I paesi europei che hanno aderito sono 5 e ogni paese avrà il suo team di progetto. Ogni team coinvolgerà nel codesign alcuni attori chiave, i trapiantati, i pazienti in attesa di trapianto, i familiari e care giver, le associazioni di pazienti, gli ospedali e i manager, le unità di trapianto, medici, infermieri, gli healthcare provider, le industrie farmaceutiche e servizi di assistenza socio-sanitarie. Potrebbero essere coinvolti anche i rappresentanti della politica locale e/o centrale e l’opinione pubblica in generale.

La scelta di chi e come coinvolgere è una prima operazione di codesign condotta dai team delle differenti nazioni che stabiliscono istruzioni, regole e azioni comuni.

 Serve allora un passo indietro per identificare l’anatomia del codesign da portare avanti in maniera collettiva e condivisa. È necessario prima ancora di immergersi nella progettazione definire le regole del gioco a cui tutti possono uniformarsi in maniera semplice e diretta. Serve stabilire identità e visione.

Questo si traduce in una condivisione chiara di cosa ottenere dal processo e nel definire un’identità e una visione collettiva che va dal singoli individui, al team fino al gruppo allargato. Questo è un passo fondamentale nei processi co-progettazione complessi perché permette di interiorizzare l’obiettivo da raggiungere muovendo dagli stessi livelli di conoscenza e consapevolezza. Capire chi siamo oggi come singoli professionisti e come team all’interno dello scenario da affrontare consente di comunicare meglio all’esterno la propria identità, cosa si desidera ottenere e come questo contribuisce al cambiamento. È da tale leva che si identifica quali target coinvolgere nel percorso.

Il naturale passo successivo è definire le motivazioni profonde che muovono ad agire e affrontare il processo. Le risposte ci permetteranno di creare l’insieme delle azioni che ti condurrà a sviluppare via via il progetto come individuo, come team e come gruppo. Il risultato finale sarà una dichiarazione di identità e una visione in cui tutti potranno facilmente riconoscersi.

Una dichiarazione di intenti

L’identità e una dichiarazione di visione sono alla base delle azioni future e ha la funzione di una dichiarazione di intenti profondamente condivisa e consensuale.

 Il primo passo è la definizione di noi stessi che valuti la sussistenza della necessaria visione congiunta e allineata. Questo è un momento fondante che definisce la forma comune. La frase che racchiude l’obiettivo più alto che ci fa essere qui e ora è la tappa successiva. Riguarda il cosa motiva a svolgere il lavoro, ma dimostrare le capacità di impegno ed esperienze che ognuno è in grado di veicolare.
Il momento che precede l’operatività è spesso ignorato e giudicato superfluo è in realtà sostanziale. Prima di immergersi nel meccanismo anche stritolante del processo, ognuno, nessuno escluso, ha l’opportunità di dichiarare come è in grado di contribuire e come renderà speciale il percorso.
Tale passaggio, relegato ad una presentazione formale di ogni membro dei team, ha un potenziale spesso inespresso nel percorso progettuale, mentre riveste un ruolo chiave nello sviluppo successivo.

Template di sintesi collettiva (scaricalo in fondo al post!)

Il tempo del disinnesco

Ma questo è anche il tempo per far emergere paure, preoccupazioni e frustrazioni così da affrontarle ed disinnescarle prima dell’operatività. Dichiarare ciò che preoccupa riguardo il processo e le sfide da affrontare, fa emergere i “non detti”. Serve ad individuare da subito frizioni, ostacoli, difficoltà che attendono dietro l’angolo. Accanto a questi è possibile condividere i problemi manifesti, quelli precedentemente sperimentati, i personali punti di vista, il sentire comune, il valore che il progetto veicola e la ragione profonda del suo essere.

L’esercizio ha il compito di chiudere con la visione che il singolo e il team co-fondano insieme. Ha la forma di una frase, un’idea, un concetto, una promessa che circoscriva il perimetro della trasformazione. Sono priorità ad ampio respiro che offrono un indirizzo al progetto. Questa azione permette di distillare gli elementi maggiormente condivisi da trasformare in risultati auspicabili. Questi ultimi diventano la lista guida dei traguardi da raggiungere a breve, medio e lungo periodo.


Domande per un’identità e una visione condivise

Il percorso di definizione dei capisaldi progettuali può essere condotto attraverso 5 momenti-domanda che attivano il team verso strategie comuni sia al suo interno sia ai livelli superiori (es. i team sui territori).

Step 1: Chi sei/siete? Prova a definire il tuo team in maniera sintetica!

Step 2: Qual è la maggiore preoccupazione riguardo il progetto?

Step 3: Quali sono i problemi all’origine nel progetto?

Step 4: Che cosa vorresti realizzare a lungo termine risolti i problemi evidenziati?

Step 5: Quale è l’impatto che vuoi generare? Quale cambiamento desideri realizzare ora?

Le domande vengono affrontate in maniera individuale, per essere condivide con il team e in seguito con la comunità (più team con un unico obiettivo). Il principio è quello di distillare una visione condivisa prodotta da un’identità riconosciuta da tutte le persone coinvolte.

Allora torniamo all’esempio sopra del progetto destinato ai pazienti trapiantati. Ecco come un team, attraverso il contributo dei singoli membri, disegna la propria identità e la visione sul progetto.

Migliorare la vita dei pazienti trapiantati

Identità e visione del team di progetto

STEP 1: Chi sei?
Siamo un gruppo dinamico e in crescita di quindici persone con differenti background e differenti esperienze. Alcuni di noi sono esperti di processi di codesign, altri ne sono digiuni.
Rappresentiamo diverse organizzazioni con modelli culturali e organizzativi diversi. Siamo insieme per migliorare gli standard di vita dei pazienti. Siamo molto motivati e coesi sull’obiettivo da raggiungere, abbiamo chiaro lo scenario nazionale. Non partiamo mai dalle soluzioni: le nostre priorità sono ciò che guida il processo. È importante identificare il nostro punto di vista, sapere cosa funziona per noi e cosa non funziona.
La nostra visione è un livello di vita accettabile per tutti: pazienti e familiari.
Dimostrare concretamente che la vita non si ferma dopo un trapianto, anzi, riprende meglio di prima!

STEP 2: Qual è la preoccupazione maggiore?
Le situazioni sono spesso definite dai singoli player, non esiste omogeneità nel servizio e nel percepito dei pazienti.
Le persone si informano su Google, ma il risultato crea aspettative spesso disattese.
Nell’ambito esistono eccellenze poco valorizzate.
C’è ancora molta resistenza riguardo ai trapianti.

STEP 3: Quali sono i problemi all’origine?
C’è mancanza di comunicazione sui temi e molta disinformazione.
A tutti i livelli sussiste una scarsa capacità di fare rete.
Le associazioni dei pazienti hanno un ruolo non sempre definito sullo scenario.
La relazione clinico-paziente è sovente esclusiva: tiene a distanza altri possibili attori a supporto.

STEP 4: Qual è la visione a lungo termine?
Una cultura del trapianto come di una rinascita per il paziente.
Una gestione consapevole e informata della vita post trapianto.
Un miglioramento dei livelli di vita attraverso l’ausilio e la voce di tutti i diretti interessati.

4.1 Cosa conta realmente per noi?
Che tutti possano parlare e dire ciò che è necessario in modo che tutti possano partecipare.
Tutti vogliamo essere coinvolti nella società, i pazienti che hanno subito un trapianto, i familiari, le aziende sanitarie, i clinici, le istituzioni ma anche e soprattutto l’opinione pubblica che può contribuire attraverso una sensibilizzazione riguardo la donazione di organi.

4.2 E dunque perché siamo qui?
Per creare un impatto concreto a tutti i livelli della società sui temi del trapianto.

STEP 5: Quale è il cambiamento da realizzare ora
Siamo alla ricerca di cambiamenti reali che possano essere implementati entro il 2023 o che possano avviare un processo di cambiamento a lungo termine.
Sono azioni misurabili che intendiamo implementare sui nostri territori a partire dagli ospedali e dai centri clinici specializzati. Ma vogliamo anche coinvolgere attraverso le nuove generazioni per veicolare un nuovo modo di vedere le cose.
Abbiamo bisogno di avere il sostegno delle associazioni dei pazienti per avere alleati forti nel processo.

5.1 Cosa vogliamo restituire?
Vogliamo alimentare una società più informata e sensibile, ma anche un team al servizio di chi attraversa un patient journey complesso.

5.2 Cosa ci spinge?
Siamo impegnati a dare vita ad una visione secondo cui tutti dovrebbero sentirsi coinvolti e responsabili del tema. È necessario andare oltre chi il problema lo vive o lo ha vissuto. Allargare lo zoom a chi non ha mai preso in considerazione la donazione di organi e chi è disinformato e nutre pregiudizi a riguardo.

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Da individuale a collettivo

Questo esercizio può essere condotto prima in maniera individuale poi attraverso un confronto all’interno del team. I risultati condivisi diventano patrimonio collettivo comunitario dei team transnazionali. Gli elementi comuni e maggiormente ripetuti dal singolo diventano visione comune, generano la strategia più adatta e adattabile ai differenti scenari coinvolti.

Il singolo compila il template riflettendo nella propria interiorità, il designer/facilitatore raccoglie le risposte e attraverso una sessione collettiva aiuta il team a trovare la propria forma attuale e futura.
I team dei diversi paesi si incontrano per lavorare insieme e dare forma ad un’identità e una visione collettive che mantengano e preservino la preziosa diversità di tutti gli attori coinvolti.

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