Definire oggi i confini e gli ambiti dell’Architettura dell’Informazione (IA) è davvero un’impresa difficile. Se prima le informazioni erano relegate nei libri e nelle riviste oggi tutto è informazione, siamo travolti da messaggi informativi, da molteplici dispositivi, formati e modalità differenti.
L’architetto dell’informazione ha il compito di rendere fruibili le informazioni tra digitale, reale, mobile e nuove forme di connessioni. Tutto questo evidenzia un aspetto importante di questa professione: al centro non c’è più l’oggetto, l’informazione da organizzare, ma ci sono i contesti e i processi.
L’architetto delle informazioni ha oggi l’obiettivo di creare connessioni non più solo tra contenuti, ma anche tra oggetti e persone. Quando si parla di realtà aumentata, di giornali cartacei che approfondiscono le loro storie in rete, di persone che all’interno dei social network postano creando un narrato che cambia la realtà, beh, non sono altro che frammenti di architetture in costruzione.
Quando la materia prima è così profondamente inafferabile o si tenta una sorta di specializzazione o si lavora sulle connessioni e sui processi.
Lavorare sulle connessioni significa individuare i punti di snodo e di possibile contatto che le informazioni presentano tra di loro. Lavorare sui processi equivale a concentrare lo sforzo sui metodi e gli strumenti d’indagine che ci permettono di veicolare al meglio i contenuti.
Come architetto dell’informazione orientato alla user experience la parte più complessa e consistente del mio lavoro è oggi in questo: individuare le tecniche e la documentazione che da una parte facciano emergere i bisogni reali delle persone per cui progetto e dall’altra siano efficaci per il contesto in cui mi trovo a farlo.
Tra gli skill principali dell’architetto dell’informazione c’è proprio la capacità rapida e analitica di stabilire la strategia operativa più adatta.
Non esiste un percorso migliore di un altro, ma quello giusto per quel contesto. Quando mi chiedono se esiste una metodologia certificata IA (Card sorting? Interviste? Cultural probes? Journey, Experience map? Wireframe? Rapid prototyping?) io rispondo “dipende”.
Il fascino di questo mestiere, forse, è proprio in questo, nella “forma dell’acqua” direbbe Montalbano/Camilleri, nel sapersi orientare in una realtà in continuo cambiamento avendo come unici punti fermi le persone, le loro esperienze e il contesto operativo.