Architettura dell’informazione: elogio all’imperfezione di un mestiere meraviglioso

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Chi di noi, nel lavoro di tutti i giorni, come architetti dell’informazione e UX designer, non si è sentito almeno una volta come Henry Stanley che, di fronte all’oggetto della sua estenuante ricerca, pronuncia le fatidiche parole: “Dottor Livingstone, I presume…

Il paragone appare un po’ spiazzante? Ne siete convinti? Allora provate a leggere il resto e sappiatemi dire…

Noi architetti dell’informazione siamo i professionisti dell’imperfezione.

Siamo devoti all’imprevedibile e all’inaspettato.
Discepoli dell’imponderabile e vicini a tutto ciò che governa il dubbio e il caos.

Solo così riusciamo ad essere buoni architetti dell’informazione.

Perché se ci nascondessimo dietro certezze e regole granitiche non avremmo la forza di sfidare l’ignoto.
Siamo governati dalla curiosità e dal bisogno viscerale di esplorare il nuovo.

Non sappiamo cosa c’è dietro l’angolo e vogliamo capire il meccanismo di ogni singolo pezzo. Ci piace scomporre i componenti e rimontarli fino a comprenderne le logiche e il funzionamento.

Odiamo tutto ciò che è rigido, scontato e prevedibile, aborriamo mode e tendenze del momento.

Progettiamo oggetti per funzioni precise, lo facciamo per molti o per anche un solo utente.  Perché per noi quell’utente unico è importante.

Rifuggiamo muri, blocchi e divieti e difendiamo strenuamente il valore della diversità e della libertà di chi usufruisce dei nostri prodotti.

Abbiamo temperamenti avventurosi, ma abbiamo coscienza dei nostri limiti, di quelli della tecnologia e di quelli umani.

Progettiamo per il quotidiano, ma amiamo scrutare l’orizzonte.

Siamo un po’ capitani coraggiosi, eroi degli infiniti mari dell’innovazione e un po’ Paolini Paperini nel portare la nave in porto.

Ma sopra ad ogni cosa siamo maledettamente convinti che l’artefatto migliore non sia l’ultimo, ma quello che deve ancora venire.  Che ci sarà sempre un’informazione da far emergere e un qualcosa da far funzionare.

Riconoscersi in tutto questo significa non arrendersi all’immobilismo e ai “non si può fare“, ai “tanto è così”.

Perché il cambiamento e l’innovazione nascono sempre da una piccola o grande rivoluzione, ma anche dalla curiosità, dal coraggio e dalla perseveranza, le qualità di un buon architetto dell’informazione.

Il resto è tecnica (Federico Badaloni docet :)) e si impara, con umiltà e con discrezione, un po’ come Stanley che è passato alla storia per le sue doti di tenacia, di anti-protagonismo e involontaria ironia.

Allora nessuna enfasi, ma solo passione per un mestiere che ci tiene vivi e curiosi progetto dopo progetto, con il giusto, ironico aplomb:  dottor Livingstone I presume…

Ci vediamo per all’IA Summit 2015

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