Le experience map sono tra i miei documenti preferiti nell’ambito dei processi di UXd. Ci ho messo parecchio tempo a capire perché, poi un giorno è apparso tutto più chiaro…
Le experience map rappresentano l’esperienza degli individui nell’interazione con un prodotto o un servizio. Le mappe sono documenti complessi che accolgono nella loro realizzazione risultati, tecniche e processi user experience design.
Le UX map sono strategia
Nelle customer map c’è prima di tutto una strategia di UXd: obiettivi da raggiungere, metodi, strumenti, pianificazione dei processi.
Le UX map sono ricerca
Sono poi il prodotto della ricerca: qualitative, quantitative, condotta attraverso interviste, diari, log, questionari, osservazione etnografica. I risultati della ricerca rappresentano le fondamenta della mappa. Da questi diamo vita ai protagonisti, all’azione e alla storia tramite personas, scenari, casi d’uso. Ci sono profili di persone reali, foto, azioni, parole, sentimenti ed emozioni.
Le UX map sono codesign e creatività
Troviamo poi la realizzazione esecutiva che permette di spaziare tra lavoro individuale e sessioni corali e partecipative, tra tecniche deduttive e riflessioni analitiche. Nelle experience map come UX designer siamo strateghi, ricercatori, facilitatori e creativi. Le nostre mappe possono essere codificati prodotti digitali o informali strumenti sketching coperti di post it, il loro valore rimarrà invariato.
Le UX map sono strumenti di problem setting
Le experience map non sono mai documenti fini a se stesse, autosussistenti: raccolgono il testimone della ricerca e aprono le porte alla soluzione dei problemi, perché le mappe sono prima di tutto evidenziatori di criticità, catalizzatori del problem setting. Le UX map sono documenti ponte, aperti e dinamici
Questa loro natura non definita e non definitiva, ma aperta e dinamica è meravigliosa. Sono portatori di cambiamento perché se si adottano le experience map si attesta una volontà ad intervenire su logiche e processi. Ci si dichiara pronti al cambiamento.
È per questo che amo le experience map più di ogni altro documento della UX, perché possono essere sempre diverse, poco codificate perché sono chiamate a rappresentare proprio la complessità delle azioni umane. Nella rappresentazione delle azioni e delle scelte di una persona rispetto al raggiungimento dei propri obiettivi, c’è un mondo da evidenziare: sentimenti, esperienze ed emozioni che vanno oltre il mero utilizzo di qualsiasi prodotto.
Mi piace immaginare che le experience map cerchino di cogliere e fermare la complessità del rapporto tra mondo esterno e mondo interiore cercando soluzioni a questa frattura esperenziale. Ma forse il fascino delle experience map risiede proprio nella loro impossibilità di codifica, perché alla fine, come nelle esperienze umane, le variabili sono troppe per essere sottoposte a regole.
A noi designer non resta che individuare il punto migliore, chiudere gli occhi e tuffarsi. La nuotata sarà comunque fantastica.
Buon mapping a tutti?
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