Cadute, inciampi e altri disastri professionali

Piccoli incidenti professionali che capitano a tutti

Nel lavoro con i gruppi e nel design partecipativo ci si trova spesso in trappola. Siamo bloccati da due dragoni che impediscono l’accesso: la perfezione metodologica e le logiche della performance.

Davanti a framework impeccabili e processi lineari che promettono risultati garantiti, la realtà si presenta sfaccettata e imprevedibile. Al di là degli strumenti, sono le capacità intrinseche dei professionisti che facilitano il design a fare la differenza.

La richiesta che, però, è sempre tornata nel mio percorso professionale è stata: “Mi fai vedere? Mi coinvolgi mentre fai?  Mi mostri degli esempi? Spiegami in pratica…”

Tutti, ma proprio tutti, abbiamo bisogno di casi concreti. La teoria è indispensabile, ma poi subentra immediata l’urgenza di capire in maniera operativa. Vogliamo storie e casi pratici che fissino quella conoscenza.

L’importanza delle storie e dei casi è universale, in quanto non sono solo mezzi per trasmettere le informazioni, ma rappresentano la connessione profonda con l’esperienza, portando in primo piano le emozioni, le sfide e i trionfi di chi è chiamato a confrontarsi con tali situazioni.

Ma c’è un ulteriore fattore che entra in gioco: la necessaria autenticità di queste storie. Ormai siamo tutti poco inclini ad ascoltare storie di successi e di talento incondizionato. Semplicemente non crediamo più a vittorie splendenti e straordinarie. Nessun progetto scorre fluidamente perfetto, diffidate di chi lo racconta, ci sono sempre picchi e valli come in ogni esperienza che si rispetti, ancor più se parliamo di esperienze complesse e popolate.

E allora spazio ai fallimenti epici, largo ai disastri, alle “toppe”, ai “non avevo capito niente” di chi fa design e non solo.

L’oro nascosto nei disastri degli esperti

C’è qualcosa di profondamente liberatorio e istruttivo quando un esperto riconosciuto condivide i suoi fallimenti più spettacolari. Questi momenti di vulnerabilità hanno un valore pedagogico inestimabile per diverse ragioni.

La demolizione del mito della perfezione

Quando un/una professionista affermato racconta di quella volta in cui ha completamente frainteso le esigenze del cliente, o di quando ha gestito un workshop in modo disastroso, sta facendo molto più che condividere un’esperienza: sta umanizzando il percorso professionale. Tali storie infatti:

Apprendere attraverso la vulnerabilità

La condivisione informale di questi momenti difficili alimenta un apprendimento più memorabile di qualsiasi lezione strutturata. Il racconto si arricchisce spesso di dettagli e aneddoti che umanizzano i progetti rendendoli empatici e reali, più di qualsiasi caso studio. Lo storytelling informale di un professionista, se ben articolato, risulta carico di intuizioni emotive e relazionali che difficilmente si trasmettono in altri modi.

La saggezza degli errori

Perché gli esperti che condividono i loro fallimenti offrono molto più di semplici aneddoti: rivelano i ragionamenti errati che li hanno portati a determinate decisioni, inevitabilmente si stressa il processo e non la soluzione e i protagonisti sono inclini a mostrare come hanno gestito i passaggi e le conseguenze degli accadimenti. I colleghi designer che condividono errori, ruzzoloni e situazioni limite oltre ad esserci più simpatici, perché spesso fanno largo uso dell’autoironia, offrono doni preziosi come le strategie sviluppate per evitare errori simili in futuro. Ma di una cosa sono convinta, che il coraggio di coloro che non non mostrano solo lustrini e paillettes illuminano e danno dignità agli aspetti invisibili della professione.

Apprendere, riflettere e fare comunità

Dal racconto si apprende in maniera profonda, l’apprendimento informale del racconto intimo sviluppa connessioni autentiche e facilita la condivisione di dettagli che potrebbero essere omessi in contesti più formali rendendo l’esperienza più semplice da replicare.

La costruzione di una comunità di pratica

Quando gli esperti condividono apertamente i loro fallimenti incoraggiano una cultura dell’apprendimento continuo creando ponti tra diversi livelli di esperienza. La loro dimensione autentica e onesta facilita la creazione di reti di supporto professionale e ridimensiona il valore del successo a tutti i costi.

Funambolica: le storie raccontate dagli esperti

Da queste e da altre riflessioni è nata Funambolica, il format di interviste ai professionisti che guidano i gruppi verso il cambiamento. L’obiettivo è quello di una chiacchierata autentica su momenti favolosi e momenti bui dell’essere un professionista del lavoro collaborativo. Ognuno, con i propri strumenti, la propria storia e la propria specializzazione, si racconta e restituisce quei passaggi che hanno segnato delle piccole o grandi svolte del proprio percorso.

 

Lo storytelling diventa conoscenza condivisa e permette a chi ascolta di riflettere e di sentirsi meno vulnerabile davanti agli eventi della professione. In uno spazio protetto, dove viene meno la gerarchia tra chi sa e chi non sa, tra chi racconta l’esperienza e chi deve ancora costruirla, tutto si fa meno duro e competitivo e torna, forse, semplicemente più umano.

Perché le storie e i casi reali non sono semplici accessori nel lavoro di designer e di facilitatori: sono strumenti essenziali per comprendere il mondo umano e per costruire esperienze significative. La potenza delle situazioni reali, l’apprendimento tra pari e una cultura che abbraccia il fallimento possono trasformare la nostra relazione con il sistema in cui siamo immersi. Valorizzando le esperienze individuali e collettive, possiamo creare un ambiente in cui le idee fioriscono e l’innovazione prospera, trasformando ogni storia in un frammento di futuro migliore.

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