Da un’idea a un gioco attraverso il design thinking

come nasce Designer in Gioco

Il processo creativo di Designer in Gioco e le allegre vicende di quattro instancabili amiche-professioniste.

Questa è la storia dei percorsi imprevedibili di un’idea quando prende forma senza perimetri che ne limitino la creatività. Questa, però, è anche la storia delle idee che hanno bisogno di margini per trasformarsi in altro. Forse sono le protagoniste di questa storia che, per formazione ed esperienza, hanno sentito la necessità di dare una forma al pensiero, di imbrigliare la creatività per trasformarla, trasformandosi a loro volta.

4 amiche molta contaminazione

Questa storia ha inizio in inverno, in venerdì freddi e piovosi dove, allo scivolare verso il weekend, quattro amiche si incontravano a via Po per inventare spazi sospesi: né professionali né personali, pomeriggi accoglienti dove, tra chiacchiere e idee (e auguri di pronta guarigione ad amici sinceri) il tempo scorreva piacevole e leggero.

Eccoci qua durante un video-augurio di pronta guarigione ad un amico in convalescenza
Eccoci qua durante un video-augurio di pronta guarigione ad un amico in convalescenza

Quattro amiche, appuntamenti mensili per scambiarsi idee, letture, racconti di progetti ed esperienze, così è iniziata l’avventura mia, di Roberta, Luisa e Marzia. Quattro professioniste in ambiti diversi: formazione, scrittura, visual ed experience che sentivano l’esigenza di imparare cose nuove, spaziare, contaminarsi.

Tutto inizia con un gioco

Ci siamo accorte subito che il confronto, se non arginato e guidato, rischiava di tracimare e perdersi in rivoli poco focalizzati. Il primo strumento di contenimento è venuto da Roberta con una scatola e un gioco di carte creative.

Il gioco di associazioni verbali e visive dal quale siamo partite.

Quel pomeriggio abbiamo associato immagini a parole e azioni lavorando su associazioni mentali, conoscenze personali e puro pensiero divergente. I pomeriggi di gioco sono stati divertenti e rivelatori di come possa essere difficile e piacevole uscire dai soliti schemi mentali.

Gli incontri del venerdì sono sacri ma…

Alla fine però la sensazione del fine ultimo degli nostri incontri restava sempre lì, come se ci fosse sempre un “Bene, e allora?” che rinviavamo all’appuntamento successivo. Di una cosa, però, eravamo tutte convinte il venerdì del “club senza nome” era un momento irrinunciabile, intoccabile da familiari, amici, impegni, clienti.

Questa necessità comune di concretezza ci ha condotto ripensare il gioco immaginando le parole e i verbi esplorati per definire il ruolo professionale di ognuna di noi. Ci eravamo infatti accorte che tutte noi sentivamo stretta l’identità professionale che ognuna rivestiva ogni giorno. Era come se i nostri titoli fossero solo una rappresentazione parziale del potenziale professionale di ognuna di noi.

Dubbi, domande e creative confidence

Chi siamo? Cosa abbiamo in comune e cosa ci differenzia? Quali sono gli strumenti di una visual designer, di una experience designer, di una business writer e di una formatrice? Cosa ci fa essere nella stessa lunghezza d’onda?

È qui che ci sono venuti in aiuto il design thinking e la creative confidence (grazie Tim Brown!). La prima considerazione è stata quella che tutte ogni giorno ci confrontavamo con problemi complessi e che lo facevamo all’insegna dell’empatizzazione.

Lo facevamo con esperienza, attraverso sentieri poco battuti, meno prevedibili, ma indicati per quelle persone e quegli scenari. In altre parole tutte noi esercitavamo un pensiero da designer in maniera audace e creativa.

Affrontare i problemi come un designer

Il venerdì successivo partiva con una certezza: siamo quattro designer, verticali nelle nostre specializzazioni, ma orizzontali nell’approccio. WOW.

Giunte alla conclusione che la professione del designer è un approccio e un modo di affrontare la realtà abbiamo deciso di mettere insieme tutti i nostri vissuti per definire in maniera trasversale e diffusa chi è il designer.

Siamo partite dalle azioni (chi è e cosa fa un designer?) per esplorare tutto quello che si affronta ogni giorno per risolvere in maniera strutturata, divergente, laterale, inusuale problemi complessi.

Intanto arrivava il lockdown. Dopo una prima fase di stordimento ci siamo attrezzate per replicare i nostri incontri online e abbiamo intensificato appuntamenti e lavoro. Il lavoro insieme ha reso il momento di chiusura più sopportabile. Appena è stato possibile ci siamo riviste con la mascherina.

Produrre idee, sintetizzare idee, produrre idee…

Il design thinking è stato l’approccio che ci ha permesso di far convergere le idee verso un obiettivo trasformandolo in progetto. Siamo partite dalle nostre esperienze personali e dai modi di affrontare i problemi per allargare lo zoom verso tutti quei mestieri che, in maniera analoga ma diversa, affrontavano nel metodo sfide similari.

La nostra professione e altri mille mestieri

Chi compie gesti sempre uguali con soluzioni diverse? Chi fa della trattativa quotidiana e del dialogo un obiettivo professionale? Chi deve inventare il proprio lavoro ogni giorno?

Abbiamo identificato tanti mestieri: antichi, nuovissimi, spariti, creativi, altissimi o umili, il criterio di selezione è stato il modo con cui ogni professione si relaziona con il reale.

Abbiamo lavorato con lavagne fisiche e virtuali per condividere e co-progettare

Il troppo stroppia

Il primo problema da affrontare: avevamo identificato troppi mestieri. Prese dall’entusiasmo avevamo esagerato. Dovevamo asciugare, come? Ci ha guidato il design thinking con la codifica delle fasi di qualsiasi progetto. Il progetto secondo l’approccio del design thinking presenta 5 fasi sequenziali:

  1. immergersi nello scenario
  2. raccogliere dai dati ai mood
  3. lasciare emergere le idee
  4. costruire il prototipo
  5. raccontare il progetto.

 Ogni mestiere a suo modo affrontava questi cinque passaggi, ma da subito abbiamo notato come ognuno privilegiasse una fase prevalente per caratteristiche e scenari.

Ogni passaggio è stato scandito da sintesi visive che facilitavano soluzioni condivise

C’è chi primariamente esplora, chi interpreta, chi raccoglie, chi crea. Ogni mestiere presenta il suo spazio d’azione, la propria comfort zone.

Ad ogni mestiere le sue armi

Questa operazione di classificazione e sintesi delle caratteristiche di ogni mestiere ci ha condotto ad identificare gli attributi di quella professione (i super poteri) rispetto alla fase del processo. Per ogni mestiere abbiamo così identificato le parole chiave che ne definivano l’essenza e lo collocavano all’interno del processo di identificazione e soluzione del problema.

Ecco allora che la Ceramista, che dà forma ad un’idea e modella la materia, è paragonata al designer che osserva le soluzioni prendere vita nel tempo, nello spazio insieme alle persone.

Le parole della Ceramista emergevano spontanee come patrimonio collettivo: Forma Immaginazione Manualità Tecnica.

Nasceva così la Wordpalette.

Dall’idea al progetto

Anche le nostre idee stavano prendendo forma e si trasformavano in un progetto. Il processo in realtà stava trasformando noi per prime e il nostro modo di affrontare le idee. Avevamo processo, mestieri, definizioni, parole.

Ora chiunque poteva immergersi nei panni di qualcun altro e, attraverso le caratteristiche di quel mestiere, capire meglio il proprio. Serviva ancora un salto in avanti, l’identificazione da sola non bastava. Ancora una volta il design thinking ci è venuto in aiuto.

Accompagnare ad immergersi

Come invogliamo le persone a esplorare il mondo di un mestiere e ad identificarsi con esso? Come lo invitiamo a perdersi nell’altro senza perdersi?

Attraverso la visualizzazione, la facilitazione e l’analogia. I mestieri sono diventati un racconto visivo, cromatico e moderno nell’interpretazione. In 30 carte-mestiere abbiamo raccontato il parallelo con il design e abbiamo immaginato una serie di domande-sfida che alimentassero la creatività e permettessero di guardare dentro il proprio sé professionale senza barriere.

Prove visual delle prime carte
Prima della versione finale c’è stata molta ricerca e tanta sperimentazione.

Poi abbiamo deciso di premiare quel lettore attento con una serie di approfondimenti che lo portassero lontano attraverso la narrazione curiosa e un po’ fantastica di quel semplice mestiere.

Le parole come ancore e boe

Bisognava però aiutare ancora quel lettore. Le carte sono diventate correlazioni, ognuna collegate alle altre attraverso:

Le parole rappresentano le connessioni semantiche di tutti gli aspetti del gioco

Da una (e cento idee) nasceva un progetto, in un continuum di momenti divergenti e convergenti nella produzione di idee.
Il processo durato alcuni mesi è stato, per noi quattro, profondamente formativo sotto molti aspetti, non ultimo per il fatto che era la prima volta di un lavoro insieme.

Nulla per scontato

Le ultime sfide sono state all’insegna del non dare nulla per scontato.
Tutto ciò che fino quel punto aveva funzionato per noi non significava che funzionasse per il resto del mondo.

Ancora design thinking. Essere diretti e intuitivi può non bastare, ci sono progetti che hanno bisogno di strumenti di supporto per essere veicolati in maniera efficace. Nascevano le istruzioni di quello che, in maniera naturale, si era trasformato in Designer in Gioco.

Abbiamo testato l’idea, il progetto, il gioco, le carte, le istruzioni con amici fidati, intelligenti e implacabili (grazie ancora a tutti!)

Indietro a novembre (avanti a settembre)

Sei da solo in un momento di stallo professionale? Hai un team da rafforzare? Vuoi ri-equilibrare un gruppo di lavoro? Vuoi capire qualcosa su di te e sulle persone con le quali lavori? Allora scegli il tuo gioco.

Siamo allora tornate indietro, a quando ci siamo incontrate la prima volta a novembre per giocare, per associare idee, per creare in libertà.

Ora tutti lo possono fare, non per forza da soli (come avevamo inizialmente immaginato) ma anche insieme, per migliorarsi e per essere professionisti migliori.

Le istruzioni e i possibili impieghi sono stati l’ultimo step, l’idea si era trasformata a tutti gli effetti in un gioco. Ma un gioco serio che permettesse di essere professionisti migliori liberando il potenziale creativo che è in ognuno di noi. Per noi quattro ha funzionato.

A settembre? Beh, molte novità, ma le sorprese a dopo l’estate, con il fresco 🙂

www.designeringioco.it

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