“Prima di giudicare un uomo devi camminare almeno un miglio con le sue scarpe.”
Questo ė un proverbio cherokee che sintetizza perfettamente l’atteggiamento che ogni designer deve sviluppare in un processo di human centered design e di design thinking.
Questo è il primo di due post dedicati al design empatico e del ruolo dell’empatia nella progettazione. In questo post affrontiamo i vantaggi reali e profondi di questo tipo di approccio. Nel prossimo esploreremo alcuni strumenti del design empatico.
Le persone pensano, valutano, riflettono, ma poi decidono e acquistano attraverso le emozioni. Le organizzazioni hanno bisogno di capire cosa fa scattare la scintilla dei loro clienti. Per comprendere cosa avviene ci supporta il processo di empatizzazione che diventa uno strumento formidabile nella fase di indagine e di comprensione dei comportamenti e dell’universo delle persone.
È la fase in cui osserviamo, esploriamo, ascoltiamo, ma soprattutto sospendiamo ogni giudizio.
La sospensione del giudizio implica un vero e proprio esercizio di riflessione su quanto avviene di fronte a noi senza prendere posizione e senza elaborare soluzioni.
Il design empatico non é distante dalle logiche e dalle pratiche meditative: ciò che facciamo con la nostra mente e i nostri pensieri qui avviene con il mondo esterno: osserviamo, lasciamo fluire, non guidiamo né freniamo gli avvenimenti.
Ascoltare senza elaborare pensieri e conclusioni é questione di esercizio e allenamento. Si impara a non precorrere gli eventi stabilendo soluzioni: non é infatti questo il momento. Il design empatico dice: “ascolta, attendi e registra senza correre verso premature soluzioni. Fermati, esplora l’ora e qui poi verrà il momento per l’analisi, la sintesi e le proposte di definizione.”
Le persone sono al centro di tutto il processo di empatizzazione: comprendere a fondo i bisogni delle persone per le quali stiamo progettando è il primo passo per offrire servizi competitivi. Studiare i comportamenti, le scelte, le abitudini delle persone fa parte delle attività di un buon designer. Serve tecnica, esperienza ma per eccellere in questo mestiere serve l’empatia.
Senza empatia c’é tecnica, ma manca la sensibilità emotiva in grado di mettere in moto un processo di spessore.
Possono accadere cose straordinarie quando mettiamo in atto l’empatia nel processo di esplorazione. Nel mercato globale, alle aziende viene chiesto di progettare per persone, culture e ambienti sempre più lontani e diversi. Queste sfide di progettazione possono essere così sfaccettate e complesse, che il compito di allineare tutti gli attori di un progetto può apparire davvero arduo.
Il design guidato dall’empatia è un approccio che attinge alle esperienze del mondo reale delle persone per affrontare le sfide moderne. Quando le aziende mettono in atto una profonda comprensione emotiva dei bisogni delle persone per ispirarsi – e trasformare il proprio lavoro, i team e le organizzazioni scatenano un meccanismo di trasformazione sbloccando capacità creative e di innovazione.
È importante comprendere il funzionamento dell’empatia nel design, il suo valore per qualunque organizzazione e i modi in cui diventa il veicolo per un cambiamento positivo. Il processo empatico nel design va dimensionato e sostenuto nel modo in cui i suoi benefici possano raggiungere più persone possibili con un impatto positivo e a lungo termine.
Il design empatico
La definizione di empatia è: la capacità di essere consapevoli, comprensivi e sensibili ai sentimenti e ai pensieri di un’altra persona senza aver necessariamente vissuto la stessa esperienza.
Come human centered designer lavoriamo in maniera consapevole per comprendere l’esperienza di chi ci ingaggia e di chi usufruirà del servizio. Tim Brown, Ceo di IDEO, descrive l’empatia del design come un mindset, ma anche un valore culturale fondamentale che consente ai designer di sviluppare concetti, prodotti, servizi, strategie e sistemi innovativi rispondenti ad esigenze reali e a desideri concreti degli utenti.
Quando il design empatico appare per la prima volta nella letteratura aziendale alla fine degli anni ’90, viene descritto come un cambiamento culturale. I ricercatori di varie discipline acclamarono l’importanza dell’emozione non solo come soggetto di studio, ma come anche come atteggiamento chiave nella ricerca sulle persone.
Il design empatico è un processo che coinvolge l’osservazione, la raccolta e l’analisi dei dati e la prototipazione iterativa. É soprattutto un approccio per scoprire i bisogni latenti e nascosti delle persone per poi affrontarli attraverso il design.
Rispondendo al reale, spesso inespresso e ai bisogni insoddisfatti, l’empatia nel design ha l’obiettivo finale di comprendere per realizzare prodotti e servizi in grado di sostenere la competitività sui mercati assicurando un ritorno economico.
Al di là degli ambiti più tradizionale del design come quello digitale, la progettazione empatica è utile per affrontare sfide universali e diffusi, come quelli del l’istruzione, dell’assistenza sanitaria e dell’efficienza organizzativa. Questo ha permesso di farne un approccio trasversale applicabile in qualsiasi contesto.
Assumere un atteggiamento empatico
L’empatia è una forza potente. La ricerca mostra che quando siamo empatici, miglioriamo la nostra capacità di ricevere ed elaborare le informazioni. Metterci nei panni di qualcun altro – una parte del nostro comportamento subconscio – provoca cambiamenti misurabili nel nostro stile cognitivo, aumentando il nostro cosiddetto pensiero legato al contesto (field-dependent thinking).
Questo tipo di pensiero ci aiuta a mettere le informazioni nel corretto contesto e a raccogliere i segnali dall’ambiente, che sono essenziali quando cerchiamo di capire come le cose si relazionano l’una con l’altra, sia letteralmente che figurativamente. La ricerca mostra anche che la disponibilità e la generosità aumentano naturalmente dopo un‘esperienza empatica.
Presi insieme, questi aspetti del comportamento empatico motivano a risolvere le sfide del design.
Anche se l’empatia sembra essere un’abilità innata, e gli individui in media riconoscono le emozioni degli altri con uguale accuratezza, non tutti riescono ad applicare l’approccio nel contesto lavorativo. L’empatia nel design richiede una pratica deliberata. Dobbiamo cercare intenzionalmente opportunità di connetterci con le persone in modi significativi e mettere da parte le reazioni e i comportamenti che interferiranno con esso. E, una volta che l’empatia è stata raggiunta, ha bisogno di essere moderata: se eccediamo il pensiero rischia la perdita di concentrazione; se si eccede la profondità dell’intuizione ne soffre.
L’empatia nel design richiede una pratica deliberata
I meccanismi per l’empatia nel cervello sono chimici e neurologici. Paul Zak ha correlato i sentimenti di empatia direttamente all’equilibrio dei livelli di ossitocina (l’ormone che stimola l’interazione sociale, i legami e la fiducia nelle persone) e del cortisolo (l’ormone dello stress) nel sangue. Quando le persone assistono a azioni affidabili, i loro corpi rispondono con livelli aumentati di ossitocina, creando sentimenti di fiducia ed empatia.
Un altro studio mostra che il pensiero empatico e analitico sono reti rivali nel cervello: la rete analitica rende i giudizi indipendenti da emozioni, mentre la rete empatica si fida ciecamente, al valore nominale. Inoltre, quando una rete è “attiva”, l’altra viene soppressa. Sapendo questo, è importante sottolineare che il design empatico non riguarda l’essere emotivo nel tempo: si tratta di creare un equilibrio tra empatizzare con un’esperienza e analizzarne la natura e le componenti. Gestire questo equilibrio nel processo di progettazione è uno sforzo collettivo continuo, estenuante, ma radicalmente efficace.
Gli ambienti empatici
Un ambiente di progettazione basato sulla fiducia promuove l’empatia, ma i designer devono anche sviluppare consapevolezza di sé sul modo in cui operano e sviluppano un’abitudine mentale al cambio modalità: pensare e sentire, rigorosamente e profondamente.
Avere un certo grado di compassione per gli altri non è difficile per la maggior parte delle persone. Tuttavia, alcune delle qualità e dei comportamenti che possono rendere una persona di successo all’interno di un’organizzazione possono al contrario ostacolare il raggiungimento dell’empatia. Le persone che non possono abbandonare temporaneamente il proprio ruolo o lo status o mettere da parte la propria esperienza o opinione non riescono a entrare in empatia con gli altri che potrebbero presentare pensieri, esperienze o modelli mentali contrastanti o conflitto.
Anche il design empatico può essere ostacolato da una cultura interna poco predisposta al cambiamento. Una organizzazione che non coltiva una cultura empatica dimostra uno scarso interesse nei confronti dei bisogni reali dei clienti e dei dipendenti, l’attenzione é spesso concentrata sulle reazioni ai cambiamenti del mercato, agli ostacoli tecnologici, alla pressione della concorrenza, a tutte quelle fonti di profondo stress in grado di sopprimere il desiderio di empatia nel design.
Come afferma Tom Kelley di IDEO, sono molte le paure che impediscono alle persone di cercare di uscire e risolvere problemi reali.
L’empatia è la risposta a queste paure: riacquistare una prospettiva preoccupandosi di ciò che i clienti vogliono veramente può cambiare radicalmente un’impresa presentando nuove opportunità e fornendo il mezzo per affrontarle. Mettendo il nostro ego di designer in secondo piano si alimenta l’empatia lasciando spazio all’altro e ai suoi bisogni chiave.
Creare prospettiva e senso di finalità
Comunque si scelga di introdurre il processo di empatizzazione é fondamentale stabilire le priorità che aiutano a difendere le scelte di progettazione, necessarie al business in continua evoluzione nell’innovazione e nel design.
L’empatia stimola il team di progettazione a proseguire e fornisce energia per superare gli inevitabili ostacoli alla realizzazione di nuove sfide.
Quando un’intera azienda esprime una reale empatia nei confronti dei propri clienti, i suoi dipendenti godono di un senso di chiarezza e di scopo e tutti lavorano meglio. Come designer, scopriamo che l’empatia aiuta le aziende a creare e misurare il successo in modi nuovi. Dopotutto, la definizione più ampia di design è che trasforma le situazioni in maniera prospettica. Quando queste situazioni ideali si allineano con gli obiettivi di più parti interessate, dove tutti ne traggono beneficio.
Per essere più efficaci, l’empatia non può rimanere un privilegio individuale, di un team di progettazione o di un gruppo ristretto di parti interessate anche se altamente coinvolte. Né può durare solo per il corso di un progetto. Se l’obiettivo dell’empatia del design è quello di sostenere l’impatto di tutta l’organizzazione, ha bisogno del supporto continuo della cultura globale.
Un atteggiamento empatico deve essere sostenuto, educato e praticato in maniera sistematica dentro e fuori le organizzazioni. Le persone all’interno delle organizzazioni devono imparare a raccontare storie da un punto di vista empatico e chiedere empatia quando manca. I progetti hanno bisogno di campioni entusiasti e comprensivi che raccontino storie che mantengono viva l’empatia.
Diffondere una mentalità empatica
In che modo aumentiamo l’empatia da parte di un individuo, di un gruppo o di un’intera organizzazione?
Nelle complesse sfide sistemiche a cui siamo chiamati come designer, esiste una moltitudine di attori, sia che si tratti di utenti o di altri, i cui ruoli, bisogni, attitudini, abilità e aspettative influenzano in modo decisivo i requisiti di progettazione. Alcune sfide progettuali complesse possono coinvolgere persone di diverse culture, lingue e società in cui gli approcci di ricerca tradizionali non aiutano ad empatizzare rispetto alle loro esperienze.
Nel prossimo post vedremo quali sono gli strumenti per attivare un processo empatico all’interno delle nostre organizzazioni.
Continua leggendo la 2. parte del post
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