Progettare l’esperienza che si vuole offrire alle persone attraverso prodotti e servizi non è affatto facile.
Assicurare la soddisfazione dei clienti presenta moltissime sfaccettature: l’efficienza di un servizio è costituita da differenti fattori che vanno dall’efficacia degli addetti, alla chiarezza del linguaggio e della documentazione, all’organizzazione degli spazi, all’omogeneità dei differenti punti di contatto, fino, naturalmente alla tecnologia.
Questa composizione di elementi costituisce il servizio nel suo insieme e concorre a costruire l’esperienza delle persone. In un certo modo la ragione d’essere di qualsiasi organizzazione se come dice Peter Drucker nel lontano 1955: “L’obiettivo di qualsiasi business è quello di creare e mantenere i clienti“, che, in soldoni, significa: focalizzarsi esclusivamente sul profitto alle lunghe non paga.
Come si costruisce una buona customer experience?
Mettendo da parte i numeri. I numeri servono come punto di partenza, ma poi è necessario raccogliere l’esperienza reale delle persone. Servono storie, serve contesto, servono motivazioni profonde. Sono quelle cose che i numeri non raccontano, si conosce il cosa ma resta sconosciuto il come e le sue sfaccettature.
Prima ancora di mettersi in ascolto dei propri clienti attraverso le tecniche di tipo qualitativo è necessario diventare consapevoli dello scenario. La prima fase del design di servizi efficaci è proprio nell’allinearsi internamente sui livelli di performance. Questo è un passaggio spesso negletto, al quale si dedica poco tempo e poca energia, eppure risulta fondamentale.
L’analisi lucida, onesta, anatomica di quello che è oggi il servizio (o i servizi) deve essere condotta in maniera condivisa e trasversale tra le unità interne. Come funziona il servizio oggi? Cose dicono le persone della tecnologia a supporto? Come risponde il customer care? Cosa lamentano le persone? Perché?
I partecipanti interni devono essere pronti a mettere in discussione il contributo al servizio per dissezionarlo in maniera fredda e analitica. Qui non ci può giocare in difesa, pena l’inutilità del lavoro collettivo.
Una sessione partecipativa può essere davvero proficua se tutti vengono con lo spirito giusto: quello di rendere il servizio davvero efficiente per le persone. Allora è fondamentale preparare i partecipanti, prima e durante, al fatto che non si tratta di attacchi professionali o personali, ma di uno sforzo collettivo a cui tutti sono chiamati a partecipare.
Per semplificare questo passaggio e rendere fluida la sessione di allineamento ed envisioning si può utilizzare la griglia proposta da Matt Watkinson: 10 principi dietro una potente esperienza cliente. Matt li annovera con esempi eclatanti, provo a ripercorrerli su modelli più piccoli e concreti.
Ogni servizio può essere dissezionato in sessioni collaborative con la presenza delle diverse aree interne attraverso 10 lenti o euristiche:
- Riflette l’identità dei clienti?
- Soddisfa obiettivi più ampi e complessi?
- È controllato o lascia al caso?
- È il prodotto delle aspettative delle persone?
- È semplice e non comporta sforzo?
- Preserva dallo stress?
- Presta attenzione ai differenti sensi?
- È socialmente coinvolgente?
- Permette alle persone il controllo?
- Considera e assorbe le emozioni delle persone?
Queste domande/euristiche sono universali e applicabili a qualsiasi contesto, sono facili da capire, sono flessibili, adattabili e soprattutto vanno oltre la sfera del servizio oggettivo. Permettono, infatti, di iniziare a ragionare secondo le logiche della customer centricity.
Ogni domanda ha l’obiettivo di analizzare il servizio nel profondo, ma anche di innescare ragionamenti empatici che permettano alle persone di acquisire modelli diversi.
1. Riflette l’identità dei clienti?
Questo servizio parla nel modo giusto e attraverso i canali giusti alle persone? Chi sono queste persone? Quanto le conosciamo? Userebbero quella parola? Scaricherebbero quella app? Sono in grado di utilizzare quel totem?
Personalmente a questa lente di Matt aggiungerei anche l’identità del brand: questo servizio rispecchia i valori e i principi su cui si fonda la nostra organizzazione? Se l’azienda si fonda, ad esempio, sulla trasparenza, lo è il servizio? In quale modo?
2. Soddisfa obiettivi più ampi e complessi?
“Le persone non pagano per un prodotto o un servizio, pagano per una soddisfazione” – Peter Drucker.
Se così è, in cosa il servizio soddisfa le persone? Quali sono gli aspetti che le persone considerano un valore? Se acquistano/usufruiscono del nostro servizio cosa vogliono ottenere veramente? Siamo in grado di fornire questi aspetti o ci fermiamo all’obiettivo primario? Lavora sui “super-obiettivi” oggi necessari?
3. È controllato o lasciato al caso?
“Per creare qualcosa di eccezionale, la mente deve essere implacabilmente concentrata su ogni piccolo dettaglio” – Giorgio Armani.
Siamo, allora, implacabili nei dettagli del servizio? Lo monitoriamo con cura? Che cosa oggi non supervisioniamo? Cosa è lasciato fuori controllo? Perché?
Spesso si pensa che per raggiungere buone performance nei servizi ci sia la necessità di aggiungere: touchpoint, canali, parole, prodotti, tecnologia. Meglio meno, ma impeccabile che un troppo sciatto e rumoroso.
4. È il prodotto delle aspettative delle persone?
Quando le persone arrivano al nostro servizio perché lo fanno? Cosa pensano e soprattutto cosa si aspettano?
Molto spesso i livelli dei servizi vengono monitorati e valutati durante la sua erogazione. Quante volte ci viene richiesto di rispondere ad inutili (sorry!) valutazioni del servizio? Ma raramente viene preso in considerazione quel momento fondamentale che precede il servizio. L’esperienza delle persone si gioca qui: nello scollamento tra ciò che i clienti/utenti si aspettavo e quello che realmente vivono. Quando aspettative e fenomeno non coincidono, e spesso questo avviene, il servizio viene percepito in maniera negativa, anche peggiore di quello che realmente è.
5. È semplice e non comporta sforzo?
Le persone utilizzano facilmente il nostro servizio? Ci sono passaggi più critici? Lo sono veramente o qualcosa li inceppa? Che cosa? Che cosa è per noi “facile” e quanto lo è per i nostri clienti? C’è qualcosa che non possiamo semplificare? È possibile compensare tale sforzo con forme di premialità? Cosa in particolare? Cosa è adatto al nostro pubblico?
6. Preserva dallo stress?
Lo stress aumenta gli errori.
Quali elementi emozionali innesca l’oggetto del nostro servizio? Il nostro cliente/utente si rivolge a noi per piacere o per dovere? Ci sono passaggi particolarmente difficili? Particolarmente importanti? Come rassicuriamo le persone in quelle fasi? Quali feedback ottengono? Quali parole ricevono?
Se, invece, le persone utilizzano facilmente e senza stress il servizio, cosa in particolare lo rende semplice e speciale nell’interazione?
7. Presta attenzione ai differenti sensi?
Tutte le esperienze che viviamo nella natura sono sempre multisensoriali.
Quanto lo è la nostra? Quali sensi coinvolge e come? Ci sono sensi esclusi? Come possiamo offrire esperienze attraverso quei sensi che abbiamo valore per le persone coinvolte?
8. È socialmente coinvolgente?
Siamo tutti esseri sociali, ma viviamo la socialità in modi differenti.
Il nostro servizio quali aspetti sociali, umani e relazionali presenta? Come vengono vissuti dalle persone? Come si relaziona lo staff? Quali parole usa? Cosa dicono le persone? Come funziona il nostro servizio attraverso i social? Come vengono gestiti i commenti, le lamentele, le testimonianze? Come vengono ascoltate le persone attraverso i social? Quali sono i tempi di risposta? Quale è il tone of voice?
9. Permette alle persone il controllo?
Le persone voglio raggiungere gli obiettivi perefissati, ma a loro modo. La sensazione di non avere il controllo è una paura universale. Dunque il nostro servizio quanto lascia libere le persone di procedere? Come le accompagna nella scelta? Ma soprattutto quanto si sentono sopraffatti i clienti dal nostro servizio? Quali sono gli spazi di libertà e quali quelli di inevitabile costrizione? Come compensiamo l’imposizione di alcuni passaggi?
10. Considera e assorbe le emozioni delle persone?
Il nostro servizio tiene conto delle paure e delle insicurezze dei nostri clienti? Dove e come? Come li rassicura? Che cosa rappresenta per loro portare a termine il processo? Quanto vissuto personale incide sul risultato? Come si avvale il servizio della loro soddisfazione e della loro felicità? Da cosa sono generate? Tornano ad usufruire del servizio su quale base? Quali emozioni prevalgono?
Ogni servizio può essere scomposto tramite queste lenti e, soprattutto, attraverso la conoscenza dello staff delle differenti aree aziendali. È possibile lavorare insieme con post it e canvas (come nell’immagine 1) che raccolgano e mettano a sistema il contributo di ognuno. Il processo permette di condividere, allinearsi, impollinare e rendere consapevoli gli uni del lavoro degli altri.
dopo aver dissezionato il servizio i partecipanti saranno in grado di assegnare un valore ad ogni aspetto. Nelle immagini sopra ho immaginato un valore da 1 a 4 che le persone sceglieranno in maniera consensuale e condivisa.
Il lavoro finale può essere sintetizzato in un decagono che permetta di visualizzare, a colpo d’occhio, i punti di maggiore efficienza del servizio e gli eventuali punti di caduta. Su cosa siamo deboli? Su cosa possiamo impegnarci? Cosa richiede un maggiore lavoro? Cosa dobbiamo bilanciare oggi? E domani?
La perfezione non esiste, è possibile valutare sempre in maniera collaborativa su quali elementi puntare per migliorare la customer experience.
Questo ultimo step ha due indubbi vantaggi: il primo consiste nel miglioramento del servizio e il secondo, ancora più potente, nell’innescare quel cambiamento culturale necessario per trasformarsi in una customer centered organization.
Qui il libro di Matt Watkinson: The Ten Principles Behind Great Customer Experiences
ma le applicazioni pratiche sono della sottoscritta 🙂