Occasioni di fine estate per fare ordine

Mettere in ordine tra le nuove professioni

L’occasione, in realtà, è arrivata prima delle vacanze, poi sono state queste ultime a spingermi verso le riflessioni sulle quali rimuginavo da un po’.

Il caso

Tra giugno e luglio abbiamo lavorato con i ragazzi del Master UX di IED al progetto assegnato da un player della telefonia. Due team: Roma e Milano, ognuno con il proprio percorso progettuale, ma un obiettivo comune: riprogettare l’homepage del sito web con particolare attenzione alle offerte, alle pagine di dettaglio. I limiti: mobile first, rispetto del design system di brand e, naturalmente, un approccio all’insegna dello user experience design.
Semplice e chiaro.

La presentazione intermedia (mhmm)

Peccato che al momento della presentazione intermedia è emerso qualcosa di inaspettato: i team di Roma e Milano avevamo seguito due approcci diversi, entrambi corretti e orientati agli obiettivi, ma profondamente differenti.

Allargare o stringere?

A Roma avevamo allargato molto lo zoom considerando quella homepage un pezzo di un puzzle più ampio (un di cui della strategia di business). L’approccio infatti inquadrava il sito web come uno dei touchpoint di un’offerta che coinvolgeva differenti punti di contatto. Questo si è tradotto in un’esplorazione aperta e profonda dell’esperienza dei clienti con i gestori telefonici.

Il team di Milano ha scelto un’inquadratura molto più specifica concentrandosi sul dettaglio delle pagine, valutando le risposte che fornivano ai clienti, evidenziando frizioni e problemi e ipotizzando le prime scelte di redesign (mentre a Roma eravamo lontani da questo primo traguardo).

2 APPROCCI 2 PUNTI DI VISTA

Entrambi i team hanno fatto ricerca con le persone, ma in maniera differente: a Roma abbiamo lavorato sul percepito e sui comportamenti delle persone riguardo i comportamenti e le emozioni nella sottoscrizione o nel cambio gestore telefonico, a Milano sull’usabilità e il funzionamento delle pagine di offerta commerciale.

Due approcci, entrambi corretti, ma che hanno innescato alcune domande sui limiti e il perimetro profondo dello user experience design.

Al momento sono giunta a queste conclusioni, che, avverto, potrebbero essere non definitive ?!


PROVIAMO A FARE ORDINE

E a riflettere sul confine dei differenti ruoli professionali che troviamo, sempre più spesso, su Linkedin.

LO USER EXPERIENCE DESIGN

Lo user experience design lavora sullo specifico touchpoint digitale. si occupa del “come” ogni touchpoint che parla e interagisce con le persone. La parola experience fa sì che vengano coinvolti tutti gli elementi di quel canale di apertura e di dialogo: struttura della pagina, layout grafico, testi, interazioni. Se le persone fanno fatica o si bloccano significa che qualcuno di questi elementi non funzionando genera una cattiva esperienza. L’esperienza d’uso chiede un oggetto sul quale lavorare che può essere un qualsiasi touchpoint di un servizio più ampio. Lo user experience design non si occupa dell’integrazione tra touchpoint, ne può tenere conto, ma si concentra sulla riprogettazione in base all’esperienza delle persone di quello specifico prodotto.

In pratica

Il team di Milano ha applicato alla lettera questo approccio analizzando a fondo il prodotto e le pagine, lavorando sui competitor, eseguendo analisi euristiche, test di usabilità. Ha messo a fuoco il vetrino al microscopio e poi è intervenuto.

IL SERVICE DESIGN (e L’EXPERIENCE DESIGN)

È il service design lavora sullo sul sistema che porta ai singoli touchpoint. Si occupa del “cosa”. Oggi tutto è servizio e le esperienze che funzionano sono proprio quelle integrate, quelle dove ogni singolo touchpoint tiene conto del servizio nel suo complesso.
Il service design si occupa di quello che succede “in scena” quando consultiamo un sito o andiamo allo sportello come clienti, ma anche di quello che avviene dietro le quinte: quello che assicura la soddisfazione di noi clienti. Per il service design un touchpoint che funziona non assicura un buon servizio. In questo iI service design è sinonimo di experience design: non si conosce infatti attraverso quale touchpoint il cliente entrerà in contatto con il brand ma gli otterrà un’identica esperienza tra canali integrati e in connessione tra di loro.
Quando progettiamo per i clienti finali, ma anche per chi produce ed eroga quel servizio, quando prestiamo attenzione al percorso che compie il cliente a prescindere dal singolo touchpoint stiamo facendo service design (o experience design).

In pratica

Il team di Roma ha cercato di indagare l’integrazione delle pagine con un’identità e un’offerta più profonda, fatta di tanti punti di contatto. La scelta di tale approccio ha evidenziato che l’intervento su un singolo touchpoint innesca una reazione a catena sugli altri canali mettendo in atto una trasformazione nei confronti del cliente. Prima di mettere mano al redesign delle pagine il team ha scavato in profondità su temi e questioni identitarie del brand e della sua strategia di mercato.

L’INTERACTION DESIGN

L’interaction design lavora sullo specifico touchpoint (sito, app, realtà virtuale, weareble, etc.). Si occupa di fare funzionare l’interazione tra sistemi e persone in base all’esperienza utente. Si concentra sulle porte di uscita del servizio e le rende funzionali, facili, efficaci, a misura di utilizzatori finali.

In pratica


L’ARCHITETTURA DELLE INFORMAZIONI

L’architettura delle informazioni lavora sui touchpoint e sui sistemi. Stabilisce le logiche e i modi attraverso i quali rendere le informazioni fruibili fornendo loro senso. Il suo è un lavoro visibile (es. i menu) ma anche invisibile al cliente finale (es. i metadati).
L’architettura dell’informazione è generalmente applicata al singolo touchpoint, ma sta acquisendo valore nelle progettazioni crosscanale.

In pratica

LO USER INTERFACE DESIGN

Lo user interface design lavora sullo specifico touchpoint (sito, app, schermi, etc.). Assorbe il lavoro dei perimetri precedenti: progetta interfacce digitali che tengano conto dell’architettura dei contenuti, delle interazioni necessarie, dei testi da veicolare, dell’impianto e del messaggio della grafica.

In pratica

IL CONTENT DESIGN

Il content design lavora sullo specifico touchpoint (sito, app, totem, etc.). progetta i contenuti del singolo strumento che possono essere resi funzionali al design crosscanale. Il content design si avvale dell’architettura delle informazioni e dell’interaction design per rendere efficace l’impianto.

In pratica

IL VISUAL DESIGN

Il visual design lavora sul touchpoint specifico (sito, app, social, etc.). Progetta l’aspetto attraverso il quale il touchpoint comunica con il consumatore finale. Si coordina con l’architettura delle informazioni e lo user interface design che indirizzano in quale modo le informazioni dovranno essere veicolate.

I BOOSTER

Invisibili al consumatore finale ci sono i principi fondamenti del design all’insegna esperienza, ma i “tiranti” dell’intero impianto senza i quali non c’è vera innovazione:

LO HUMAN CENTERED DESIGN

Lo Human centered design regola il tutto: è l’approccio di base, la filosofia di fondo che pervade ogni forma e aspetto del design contemporaneo, quello che ci invita all’ascolto delle persone coinvolte, al coinvolgimento e all’equilibrio tra tutti gli interessi in gioco. 

IL DESIGN THINKING

Il Design thinking è il reale “come”, il processo, il mindset, il modo attraverso il quale definire regole e dare ritmo al service design. Il Design thinking ci guida attraverso processi e regole nell’esercizio della creatività, della collaborazione radicale e dell’alternanza di divergenza e convergenza di dati, idee e riflessioni comuni.

PICCOLA METAFORA IDRAULICA

Ora proviamo a mettere tutto insieme in una semplice metafora idraulica.

Immaginate il servizio idrico di una grande città.
Come clienti finali vediamo l’acqua quando arriva ai nostri rubinetti (touchpoint).

In una ipotetica riprogettazione possiamo migliorare il modo con cui noi consumatori ci relazioniamo con l’apertura di quel rubinetto, sulla funzionalità, sulla forma e sulla gradevolezza dell’oggetto.
Come designer possiamo fare un ottimo servizio per un’ottima igiene personale.

Oppure possiamo migliorare il processo dietro le quinte dell’oggetto rubinetto: il modo con cui l’acqua arriva, il sistema che lo abilita, ottimizzando anche il lavoro di chi eroga quel servizio.

In altre parole possiamo mettere in atto piccoli interventi (ad esempio rendere più pratico e bello il rubinetto) o intervenire in maniera integrata su condutture, persone e processi che miglioreranno il servizio più a lungo e in maniera più sostanziale.

In entrambi i casi non possiamo sottrarci all’idea che quel rubinetto migliora solo conoscendo veramente i desideri e i bisogni del proprietario, ridisegnarlo insieme a lui può rappresentare il vero vantaggio competitivo.

IDRAULICI O DESIGNER

Qualunque designer tu sia o vuoi diventare è importante conoscere il perimetro della professione e imparare a difenderlo. Questo è sinonimo di serietà e professionalità. Molte cose stanno cambiando in fretta, presto l’intelligenza artificiale sostituirà molte delle nostre professioni, anche alcune sopra elencate. Approfondire, studiare, andare oltre le specifiche applicazioni farà la differenza.

Nell’analisi profonda delle scelte strategiche dettate dall’esperienza e dalle emozioni delle persone c’è ancora spazio per il contributo di ognuno di noi. La tecnologia, in questo caso, ci lascia ancora tempo per esprimerci e creare. Allora rimbocchiamoci le maniche e continuiamo a far crescere il nostro essere designer nel modo più etico e sostenibile possibile.

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