Il grande inganno e l’effetto popcorn

Spesso le organizzazioni si avvicinano al cambiamento con un effetto popcorn: molte idee, scollegate tra di loro, prive di una visione strategica che le allinei e ne ottimizzi lo sforzo collettivo. Ripensare il valore che si intende offrire è il primo passo verso una vera trasformazione, e gli strumenti in grado di veicolarla seguiranno a ruota.

Ho passato i miei ultimi mesi accanto ad aziende che aspiravano al cambiamento: chi chiedeva nuovi ecosistemi digitali e chi di risolvere criticità di customer satisfaction, chi servizi innovativi.

Tutte queste realtà, private come pubbliche, mostravano uno stato di difficoltà evidenziato da bisogni non sempre evidenti, chiedevano di fatto una trasformazione che puntualmente, secondo loro, doveva partire dalla fine: dai touchpoint di contatto con i clienti.

Ovunque ci giriamo come designer di qualsivoglia artefatto sentiamo il mantra “le persone al centro” (che barba, che noia).
Come designer sarei entusiasta di tale cambiamento, come cliente ne sarei estasiata. Peccato però che tutto ancora si riveli una impegnativa dichiarazione di intenti, nella maggior parte dei casi tradita.

Come designer sarei entusiasta, come cliente ne sarei estasiata.

Cosa significa veramente nella realtà il cliente al centro? Che si presti maggiore attenzione agli interlocutori di turno? Che si cerchi di parlare la stessa lingua ritagliando risposte e prodotti sulle esigenze del momento? Bellissimo, ma questo significa tenere conto delle persone solo nella coda del servizio, quello che appunto si interfaccia con loro.

Quello che continua a mancare è la trasformazione interna del modello culturale: fare human centered design significa intervenire sul modello organizzativo, sui processi e sulla gestione delle risorse umane.

L'effetto popcorn è quello che scatena tante azioni non connesse tra di loro
Foto di Georgia Vagim per Unsplash

Questo tradimento nelle aspettative e nel modello lo abbiamo davanti agli occhi tutti i giorni come clienti ma soprattutto come cittadini. Una trasformazione esplicitata solo attraverso i canali digitali senza il ripensamento dei servizi in un’ottica customer centered è destinata al fallimento: il risultato è infatti un servizio digitalizzato meno efficiente di prima per le persone (vedi Poste Italiane, Comune di Roma, ASL Vaccinazioni, etc.)

Pensare di aumentare l’efficienza di un servizio solo, o principalmente, attraverso i canali digitali rappresenta il grande inganno per tutti: clienti, aziende, cittadini, organizzazioni.

Non esistono canali e touchpoint, digitali e non, che funzionino senza necessariamente ripensare il modo strutturale di erogare quel servizio.
E’ qui che la trasformazione digitale diventa un vero e proprio tranello.

Quante aziende/PA che si professano centrate sulle persone hanno avuto il coraggio e la forza di riorganizzare le unit interne sulle esigenze dei clienti? Quante hanno rivoluzionato processi organizzativi, amministrativi, legali sui bisogni più profondi dei propri clienti? Quasi nessuna.

La trasformazione digitale diventa un vero e proprio tranello.

Essere centrati sul cliente/cittadino significa prima di tutto un cambio culturale profondo e radicale delle organizzazioni. Solo dopo che sia stato adeguatamente introdotto un nuovo modello e un nuovo approccio al mercato è possibile avviare una serie di azioni che fanno veramente sentire le persone al centro.

Non è infatti l’introduzione di un nuovo portale, di linee guida di intervento, di software, di app, di servizi di consegna più rapidi e trasparenti che possono sostituirsi all’esperienza più ampia da offrire. Queste e molte altre azioni che mi trovo a fronteggiare ogni giorno come designer sono solo le azioni tattiche di una battaglia ben più complessa.  Spesso si riprogettano strumenti perché vetusti o perché se ne percepisce un utilizzo faticoso da parte dei clienti. Ma la sfida da affrontare deve affrontare problemi più ampi di quelli del design: come si comportano i nostri clienti e come siamo in grado di riorganizzarci, di ripensare i servizi in funzione loro?
E alla fine, ma solo alla fine, di riprogettare gli strumenti, digitali e non solo, in grado di dialogare con le persone.

Foto di Lynda Sanchez per Unsplash

La trasformazione digitale è dunque un grande inganno, come è irresponsabile chi ancora ne parla. Il digitale è un mezzo, uno dei molti modi (ne ho catalogati 50!) in cui le organizzazioni decidono di aprirsi ai propri clienti: come e cosa questo può essere, o non essere, dipende dalla strategia prodotta dai comportamenti delle persone tutte e dalla volontà di ripensare il modello aziendale in funzione di queste.

La vera trasformazione è solo quella che crea modelli, mindset, processi e persone orientate a pensare ed agire come i clienti vogliono. Se si offre ai clienti una app super performante accanto call center o addetti inefficaci possiamo ancora parlare di trasformazione? Sarebbe solo la tessera d’oro di un mosaico che si sbriciola.

Questo è quello che chiamo l’effetto popcorn: quando si lavora sui singoli canali schivando una trasformazione interna più profonda e strutturata. L’effetto popcorn è l’antitesi di una crescita organica centrata sulle persone, rappresenta un agitarsi inconsulto e poco proficuo tra i canali di dialogo.

Solo attraverso un design collaborativo che coinvolga direttamente le persone interne è possibile iniziare un percorso di trasformazione che è un cambiamento culturale.  Le logiche che guidano questo percorso sono un insieme di valori, di azioni, di principi che mettono a dura prova quello che sono le organizzazioni oggi, spesso gerarchiche, con ritmi decisionali inadeguati a mercati velocissimi, con strutture e organizzazioni blindate al fluire delle informazioni.

Sono i mercati a chiedere alle organizzazioni di essere altro, di ascoltare e di ascoltarsi, di evitare la progettazione estemporanea priva di radici profonde.

È necessario, oggi più che mai, che le organizzazioni pubbliche o private abbiano il coraggio di guardarsi dentro e facciano una scelta netta su come vogliano essere veramente all’esterno. Per ripensarsi e ripensare i propri modelli ci vuole coraggio. Il resto sono solo soluzioni tampone destinate a disintegrarsi in tempi sempre più veloci. Bisogna prendere una posizione subito.

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