L’empatia è un sentimento molto potente che i mercati stanno scoprendo, perché, oltre ad essere un veicolo di conoscenza, è uno strumento fondamentale capire il cambiamento dei consumi attraverso l’esperienza utente e per creare valore economico.
Alla base degli skill dello user experience design l’empatia è la capacità di entrare nelle scarpe dell’altro per capirne i sentimenti più profondi.
Partendo dal principio che molte delle nostre scelte, da un acquisto ad un cambiamento profondo di vita, sono dominate dalle emozioni, il marketing, come il mercato, tutto stanno prestando particolare attenzione a questa modalità di comunicazione con le persone.
I gradi dell’empatia
Come in tutti gli approcci guidati dalle emozioni umane esistono molte sfumature nel concetto di empatia. Quando decidiamo di adottare a distanza un bambino in Africa non possiamo parlare di empatia: non stiamo operando un’azione di identificazione. Per questo dobbiamo parlare di simpatia: un sentimento in cui siamo partecipi, senza identificazione. La simpatia è un bambino che offre il ciuccio ad un altro bambino che piange. La simpatia è il volontario che distribuisce coperte ai senza tetto.
La simpatia, come il cita dizionario è: “Attrazione sentimentale istintiva, disposizione d’animo favorevole verso una persona o una cosa. Rapporto di affinità tra due cose, per cui la modificazione dell’una determina una modificazione nell’altra, anche se non c’è contatto diretto.”
L’empatia comporta una forte affinità emozionale che permette di compenetrare i sentimenti altrui, il contatto è necessario. Non significa solo indossare i panni di qualcun altro ma prima ancora la capacità di abbandonare i propri.
Lo spogliarsi dai preconcetti e dai giudizi ci rende più esposti, ma molto più permeabili alla comprensione mantenendo quel corretto distacco necessario alla ricerca. Nella compassione, altro stadio, non esiste tale distacco: prevale una compenetrazione emozionale profonda nei confronti dell’altro.
Simpatia, empatia, compassione, differenti stadi delle relazioni che si istaurano.
Jesse Prinz, professore di filosofia presso la City University di New York, Graduate Center, scrive: “… la simpatia è una terza persona risposta emotiva, mentre l’empatia implica mettersi nei panni di un’altra persona.”
In altre parole, Prinz, aggiunge, “Empatia richiede una sorta di mimetismo emotivo … è un tipo di emozione vicaria: si percepisce ciò un’altra persona sente nel profondo.”
Per dirla in un altro modo, questa volta citando il copywriter Aaron Orendorff, si tratta di entrare nella conversazione che sta in atto nel cuore di una persona.
Esercitare un atteggiamento empatico è tutt’altro che facile: quando studiamo uno scenario o degli utenti di riferimento fermare il flusso delle idee preconcette è complesso, ascoltare e comprendere bisogni o necessità che non condividiamo, frasi del tipo: “questo menu è ben fatto, questa area mi sembra inutile, questa voce mi sembra chiara…” che ci infastidiscono, sembra arduo continuare seguire un cammino comune, eppure è qui che si gioca la professionalità di un buon UX researcher.
Empatia richiede una sorta di mimetismo emotivo
Se si supera questo ostacolo e ci si lascia andare alla capacità di mirroring, di rispecchiare la complessità dell’altro, il resto viene facile. L’empatia è sicuramente una dote, c’è chi la possiede nel proprio carattere, ma è uno skill che si può coltivare e raffinare, soprattutto attraverso la pratica.
Nella vera comprensione dei bisogni altrui, c’è l’ingrediente segreto che ci permette di fare innovazione, di trovare soluzioni a misura delle persone per cui stiamo lavorando. Prima bisogna abbattere le barriere personali che ci permettono di uscire da noi stessi che facciamo tramite un ascolto profondo.
Empatia e ascolto
Che cosa significa ascoltare?
Vi propongo una riflessione di chi ha scelto di fondare la propria esistenza sull’ascolto attivo: Norman Fischer.
Ascoltare veramente significa lasciar cadere più possibile tutti i vostri meccanismi difensivi, almeno per la durata dell’ascolto. Ascoltare significa essere pronti, essere presenti a ciò che udite senza cercare di controllarlo. Ascoltare è essere radicalmente ricettivi a ciò che accade. Perché ciò accada dovete essere franchi con voi stessi. Dovete essere consapevoli e accettanti dei vostri preconcetti, desideri e illusioni, cosicché possiate udire ciò che viene detto e quello che è. Poiché il vero ascolto richiede che voi facciate così, per questo motivo ascoltare è pericoloso. Vi potrebbe fare udire cose che non vi piacciono, farvele prendere in considerazione e quindi farvi pensare a qualcosa che non avevate mai pensato prima e forse non avete mai voluto percepire. E ciò può far succedere qualcosa dentro di voi che non è mai successo prima. È questo il rischio di ascoltare ed è questo il motivo per cui è automatico per noi il non voler ascoltare. Tuttavia ascoltare, benché pericoloso, è una necessità. Se volete rimanere aperti alla vita e al cambiamento dovete ascoltare. Ascoltare, veramente ascoltare è accordare rispetto. Senza rispetto nessuna relazione umana può funzionare normalmente.
Secondo Roman Krznaric filosofo britannico e ideatore dell’Empathy Museum, offerta esponenziale affascinante, l’empatia non amplifica solo le nostre qualità morali, ma incide direttamente sulla capacità di trovare soluzioni efficaci ai bisogni, potenziandone il valore economico. In altri termini è alla base di un marketing di nuova generazione e indispensabile fondamento per attività di change making. Già Orwell nel 1930, ci ricorda Krznaric, prima di scrivere Senza un soldo a Parigi e Londra, si immerse nella vita di strada di Londra, vivendo tra le persone ai margini della società. Condividendo a pieno la loro vita e i loro sentimenti Orwell ha potuto raccontare al meglio la loro realtà senza pregiudizi.
Ascoltare è pericoloso. Vi potrebbe fare udire cose che non vi piacciono e farvele prendere in considerazione
L’empatia e il marketing
I media tradizionali e la pubblicità stanno acquisendo le potenzialità di lavoro sui canali empatici, partendo dalla ricerca sulle persone, vengono offerti messaggi pubblicitari con una capacità di veicolazione molto più potente di quelle tradizionale. Le pubblicità più riuscite sono infatti quelle in cui è possibile identificarsi, dove viene naturale sentirsi coinvolti nella situazione, sono quelle storie in grado di lasciare un ricordo indelebile nella memoria, appunto una buona esperienza.
Un esempio molto efficace è una campagna pubblicitaria contro l’omofobia di qualche anno fa.
Gli ideatori hanno scelto di traslare un tema complesso e difficile su un terreno del vissuto di chiunque: un problema sanitario e la relativa emergenza ospedaliera. Lo spot mostra un pronto soccorso e una barella portata d’urgenza in sala operatoria, mentre una voce esterna pone alcune domande con l’inquadratura su infermieri e dottori intervenuti: “ti interessa sapere che numero di scarpe porta? ti interessa sapere se assomiglia suo padre o a sua madre? ti interessa sapere se è etero o omosessuale?”.
Il messaggio efficace utilizza un linguaggio trasversale in cui tutti possono identificarsi (mirroring), un’esperienza che tutti hanno vissuto in prima o in terza persona (esperienza utente) e senza far leva sull’emotività invita le persone a riflettere inquadrando il problema da un altro punto di vista (design thinking).
La leva empatica, che non è mai patetica, è qui ai massimi livelli.
Mettere in pratica l’empatia
Per mettere in pratica la condizione empatica all’interno dei processi di experience design dobbiamo rispolverare i concetti di autori come Rogers, Rollo May e Maslow come ci suggerisce Daniela Mangini nel suo articolo su Wired:
- Distacco. Bisogna prima avere il coraggio di eliminare gli ostacoli che frenano l’ascolto.
- Immaginazione. Quindi domandarsi in maniera onesta che cosa può sentire quella persona rispetto a quell’esperienza.
- Non giudizio. L’esplorazione dell’altro attraverso l’ascolto deve avvenire mettendo da parte i pregiudizi. Questo permette a chi è ascoltato di sentirsi al sicuro e consente all’interlocutore di autoesplorarsi arricchendo ulteriormente lo scambio.
- Identità forte. L’avere trovato i punti di riferimento personali consente di non perdersi nell’altro e di essere più obiettivi. Non dev’essere uno strumento per sentirsi moralmente migliori ma un atteggiamento naturale e non condizionato dai propri obiettivi per creare profondo rispetto.
- Capacità di sperimentare. L’ideale è fondersi con l’altro in certi momenti e ritornare in noi stessi, esattamente come fanno i migliori attori quando studiano un personaggio.
- Discrezione. Non tutti gradiscono l’atteggiamento empatico, che qualcuno può trovare invadente, quindi conviene in alcuni casi non renderlo manifesto.
L’empatia rossa e l’empatia verde
Sempre Daniela Magrini ci ricorda che l’empatia viene classificata in due differenti modi:
- empatia verde quando è manifestata nei confronti di quelli che sono gli aspetti evolutivi dell’interlocutore
- empatia rossa quando riguarda gli aspetti difensivi dell’altro, quelli che possono ostacolare il cambiamento.
E’evidente che nella fase di ricerca della user experience l’empatia viene considerata nei suoi aspetti più positivi e mai manipolatori (eccesso di empatia rossa), l’obiettivo infatti è quello di utilizzarla come uno strumento per acquisire quella fiducia che ci permette di entrare in educatamente a casa altrui. Come scrive Fischer “…per ascoltare ci vuole coraggio e capacità di rischio: ascoltare è accordare rispetto.
Senza rispetto nessuna relazione umana può funzionare”.
Riferimenti
Empathy museum. http://empathymuseum.com
Aaron Orendorff. http://iconicontent.com/blog/
Roman Krznaric. http://www.romankrznaric.com
Norman Fischer. www.everydayzen.org
Daniela Mangini. Dall’empatia nuovi strumenti per la rivoluzione economica
http://www.wired.it/economia/business/2015/09/09/nasce-lempathy-museum-lempatia-dal-lettino-passa-busines