Le storie sono tante, milioni di milioni…

Il design è fatto da storie. Foto di Pixabay da Pexels

Il potere della narrazione risiede nel fatto che è in grado di trasformare le opinioni e gli atteggiamenti delle persone. Tutti noi siamo plasmati dalle storie e viviamo per e grazie ad esse. 

Nella religione, nella politica, nella società ciò a cui crediamo è il prodotto di storie. Ci sono immense dinamiche culturali che possono essere attribuite a storie raccontate e non raccontate. Le storie strutturano e plasmano il modo in cui siamo: i nostri valori e il nostro senso etico. 

Anche nel design le storie possono avere enormi potenzialità, e vantaggi per i team e i committenti del progetto.

L’universo è fatto di storie non solo di atomi (1)

Si può raccontare un progetto come fosse una storia?

Sì, a patto che si identifichi il punto di equilibrio tra gli obiettivi e i modelli del business e una forma narrativa più profondamente umana.

In quanto designer siamo immersi nelle storie: momenti delle persone che utilizzano un prodotto, che usufruiscono di un servizio o che vivono un’esperienza. Ma anche le storie di tutti coloro che rendono possibile l’offerta per i precedenti protagonisti. 

Dietro un malfunzionamento, una delusione, un innamoramento nei confronti di un servizio ci sono delle storie

Gli eroi siamo noi

Incontriamo storie negli aspetti quotidiani della nostra vita: al supermercato, in ufficio, dal medico, all’ufficio postale, per la strada. I luoghi sono quelli comuni a tutti noi, gli scenari sono quelli in cui viviamo o vivono immersi gli utenti finali del nostro progetto.
Le storie hanno sempre uno schema ripetitivo identificato da Vladimir Propp dall’analisi de delle fiabe:

Il viaggio del cliente eroe
Il viaggio del cliente-eroe

Ogni bisogno, ogni problema dei clienti finali che affrontiamo nel design, indipendentemente dal canale o dal touchpoint, ha questo andamento. 

Immaginate che durante la lezione in palestra vi ritrovate con un fastidioso dolore muscolare. Provate a curarvi da soli ma il dolore non passa. Decidete di cercare un medico. Lo fate in vari modi e trovate lo specialista che fa per voi. Prendete appuntamento ma non c’è disponibilità immediata e vi invitano a richiamare per avere un quadro migliore degli appuntamenti. Riuscite a prendere appuntamento e fate la visita. Vi viene data la terapia e al termine vi sentite meglio.

Lo schema della storia si dispiega nel suo svolgimento.

Tutto questo sono le storie: piccoli momenti in cui le persone agiscono e incidono sul mondo che li circonda. Al centro di tutto ci sono le azioni e le scelte delle persone che vanno a comporre delle storie.

Dall’altra parte ci sono le organizzazioni, le aziende pubbliche e private che vogliono che le persone amino i loro prodotti, si innamorino del brand, ma spesso percepiscono le storie dei loro clienti come racconti coloriti e scarsamente proficui. Le organizzazioni temono tutto ciò che non è misurabile. Se non può essere controllato e previsto, difficilmente viene preso in considerazione.

Il design e le storie delle persone
Foto di Naomi Shi da Pexels

Le organizzazioni temono tutto ciò che non è misurabile

Ecco perché è difficile adottare le storie nel design. Le storie sono una sequenza di azioni innescate e scandite dalle emozioni: preoccupazione, felicità, irritazione, inquietudine, eccitazione. Ma le emozioni e la naturale contraddizione delle persone non sono processi misurabili.

Come possiamo allora veicolare idee, problemi, soluzioni tramite le storie senza entrare in conflitto con i modelli del business e del marketing? Come far parlare linguaggi umani e linguaggi dei mercati ancora molto lontani dalla vita delle persone?

La scienza ha bisogno dell’arte, come l’arte della scienza

I numeri sono importanti, ma le emozioni innescate dalle storie possono essere potentissime. Senza le storie delle persone le soluzioni di design vengono prese a tavolino, su criteri e decisioni che poco hanno a che fare con i fatti reali della vita delle persone.

Queste decisioni possono arrivare addirittura a danneggiare il prodotto perché non considerano l’impatto che queste possono avere. Le storie in realtà sono inneschi in chi ascolta: hanno la capacità di guidare lo sforzo cognitivo ed emotivo che rende impossibile ignorarle.

Dopo cibo, riparo e compagnia, le storie sono le cose di cui abbiamo più bisogno. (1)

Il bisogno emotivo delle storie permette di veicolare molte informazioni e coinvolgere le persone in modo profondo. Questo è possibile perché attraverso l’ascolto delle storie, scattano modelli di confronto, di immedesimazione, e di relazione con il vissuto personale.

Ogni storia è una storia personale e universale allo stesso tempo

Quando raccontiamo storie, le persone si impegnano emotivamente nella creazione di immagini che alimentano il terreno del confronto su fatti reali. La discussione su dati concreti è sempre positiva in quanto generativa.

Le storie aiutano a capire lo scenario e le persone per le quali progettiamo

Ma sopra ogni cosa le storie nel design sono problem setting. Aiutano a comprendere i problemi veri, profondi che devono essere risolti.

Raccontare storie sull’esperienza delle persone significa rappresentare frammenti del mondo reale, avere la capacità di vedere le cose dalla prospettiva di chi le muove.

Le storie vengono raccolte durante la fase di ricerca sulle persone interne o esterne che guidano attraverso il processo di progettazione. Le stesse storie vengono raccontate alle persone con cui lavoriamo per fornire un campione dell’esperienza da un’altra prospettiva.

Le storie sono sensemaking, forniscono senso alle nostre decisioni da designer

Alle persone non piace parlare, vogliono parlare e anche ascoltare. Mentre altre forme di presentazione sono un processo a senso unico, la narrazione comporta il flusso di energia che va dal narratore agli ascoltatori e viceversa. Il narratore fornisce un impianto narrativo agli ascoltatori che sono cognitivamente impegnati, formando le immagini della sequenza narrativa.

Gli studi neuronali hanno mostrato come il cervello di chi ascolta una storia si sintonizzi e sia assimilabile ai processi di chi racconta. E in alcuni casi, i processi del cervello dell’ascoltatore sembravano addirittura anticipare i possibili esiti della storia. Come designer questo tipo di dinamica può essere sfruttata per creare una connessione profonda con chi è coinvolto nel progetto: team, manager, committenti, clienti finali.

Le storie permettono di comprendere problemi reali e generare soluzioni

Il lavoro del designer è quello di risolvere i problemi. Spesso però i problemi che siamo chiamati a risolvere non sono i nostri problemi. Il nostro approccio alla risoluzione di un particolare problema cambia quando cambia la relazione con il problema. Come designer, vorremmo conoscere il problema in tutte le sue prospettive, da tutti i punti di vista dalle persone che hanno riscontrato il problema, dal punto di vista dei designer, dagli esperti IT e dalla prospettiva del business.

Le storie possono guidarci nell’esplorazione e la sintesi dell’esperienza, nella comprensione dei comportamenti e delle scelte, nel contesto delle soluzioni che nascono dalla comprensione profonda del problema.

A quel punto, ma solo a quel punto è possibili lavorare sulle opportunità di design: il team, i committenti, i manager, gli stakeholder possono essere guidati ad elaborare proposte e soluzioni.

La comprensione del problema è generata dalla ricerca sui clienti finali. La narrazione rappresenta un modo efficace per allineare il team e il management. Raccontando le storie dei risultati della ricerca, tutti possono connettersi al problema a un livello emotivo profondo.

Le storie aiutano a persuadere e convincere.

Le storie sono in grado di veicolare in maniera tollerabile qualsiasi argomento. Raccontare storie sincere ammorbidisce la criticità del confronto con problemi difficili che non sempre il management vuole sentire. Questo facilita il nostro lavoro di designer che consiste anche nel dover evidenziare scelte e elementi scomodi del business.
Non tutte le organizzazioni sono pronte ad accettare gli errori commessi.

Le storie sono supporti alla memoria, manuali di istruzioni e bussole morali. (3)

C’è sempre una connessione quando ci sono buone storie da raccontare. Storie serie, oneste, sincere instaurano relazioni potenti in grado di cambiare le scelte di un brand e la vita delle persone.

Come designer dobbiamo usare il potere della narrazione per dare vita a esperienze immersive nei problemi e innescare infinite opportunità risolutive. Allora chiudiamo parafrasando le parole di Mike Monteiro.

Preferisco un buon designer in grado di presentare bene le sue soluzioni piuttosto che un grande designer che non lo fa. Mi chiedo se può definirsi un buon designer colui che non è in grado di raccontare efficacemente il proprio lavoro ad un cliente. Un lavoro che non può essere venduto è un lavoro inutile quanto un designer che non può venderlo.

La narrazione delle cose ha lo stesso valore delle cose stesse che accadono intorno a noi

  1. Steven Weinberg
  2. Philip Pullman
  3. Aleks Krotoski

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