L’irripetibile leggerezza dell’8. Summit dell’Architettura dell’Informazione

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Ogni anno il giorno seguente alla chiusura del Summit di Architettura dell’Informazione cerco di smaltire la fatica e ripercorrere mentalmente tutti gli eventi. Il mio obiettivo finale, e vi prego non prendetemi per pazza, è di riuscire a sintetizzare in un’unica parola tutto quello che si è svolto in due giorni.

Ho sempre avuto la remota convinzione che, se riesco facilmente in questa sintesi semantica, beh, il summit ha avuto un suo senso. Se individuo nella relazione fluida tra gli speech, il keynote e i workshop e le persone un invisibile filo di Arianna, la quintessenza che ha guidato gli eventi, allora sento allontanarsi lo spauracchio della percezione di casualità.

Bene, quest’anno la mia quintessenza è in due parole: YUG e LEGGEREZZA.

YUG

La prima mi frulla in testa da quando abbiamo iniziato a discutere del tema del summit con Federico Badaloni. Più Federico insisteva sul concetto di relazione più riaffioravano ormai sepolti studi di sanscrito. Molta della filosofia indiana si concentra sulla radice yug, che dà vita a moltissimi termini, tra cui anche yoga, e significa legame/legare, ma anche condivisione.

Tutti i contributi ci hanno raccontato dei legami che siamo chiamati a creare per permettere la condivisione tra oggetti, spazi, informazioni, persone e significati. Senza questo sforzo di ri-connessione tutto quello che produciamo rischia di rimanere un’esperienza incompleta.

Lo ha raccontato Andy Fitzgerald insistendo sul concetto di ecosistema, di evoluzioni necessarie e di cambiamento fisiologico. Ma è stato anche l’idea di fondo di Eugenio Menichella che ha spiegato come tali legami (o relazioni) possono essere governati dal tempo e dal luogo (stadio/ partita), ma essere una base generativa di infiniti altri legami.

Il legame condivisione alla base del processo produttivo è stato al centro dell’intervento di Sara Bandello e Eva Bruno di Fastweb, dove la relazione tra le persone e la generazione di fiducia crea continuamente nuovi scenari e nuove connessioni.

Anche Vincenzo di Maria ci ha introdotto all’idea di connessioni tra ambienti fisici, persone, idee con i luoghi di condivisione per eccellenza gli Hub. Alberta Soranzo ci ha posto davanti ad una domanda chiave: le relazioni devono essere sempre totalmente fluide? oppure ha senso avere sempre presente l’ambito di interazione? Forse dovremmo riflettere meglio sul concetto di seamless.

Dino Amenduni ha affrontato il tema della legame/condivisione in ambito politico sottolineando il fatto che non basta costruire relazioni tra cose, persone e mezzi di comunicazione perché il modello relazionale è prima di tutto il prodotto di una rivoluzione culturale. Attenderemo l’era necessaria.

LEGGEREZZA

Ma oltre a “legami” l’altra parola del summit è stata leggerezza.
La leggerezza percepita durante le giornate dei workshop e della vision non significa superficialità, ma senza nessun tipo di accordo o indirizzo tutti hanno scelto di comunicare argomenti importanti in maniera informale, ironica e leggera.
Dunque è la leggerezza nel processo e nei modi di comunicare che ha aleggiato sugli speech e sui laboratori proposti dai docenti. La leggerezza dei workshop di Stelio Verzera, di Raffaele Boiano, Sara Seravalle, Alessio Ricco e Raffaeela Roviglioni, Valentina Catena o Nicola di Cosmo hanno reso concreto il fatto che le relazioni si costruiscono anche e soprattutto scendendo dalla cattedra e parlando un linguaggio naturale, spesso poco verbale e molto del “fare”. Andrea Resmini e Luca Rosati ci hanno invitato a sperimentare prima di costruire, ribadendo il fatto che anche questo è un modo per uscire da ambiti predefiniti e costruire esperienze nuove.

Le persone non erano state avvisate, abbiamo lasciato tutti liberi sull’approccio da usare, eppure tutti hanno scelto tutti lo stesso linguaggio verbale e non. Il segnale della connessione e dell’idea di community è qui: incontrarsi e riconoscersi, naturalmente.

Dunque tra leggerezza e radici sanscrite si è chiuso l’8 Summit di Architettura dell’Informazione. L’ultima riflessione è proprio sull’aspetto umano, tra le molte sollecitazioni al termine di qualsiasi esperienza fisica digitale temporale o spaziale ci sono le persone reali, quelle che accordano fiducia, vengono e si incontrano ogni anno al summit, per parlare, confrontarsi in maniera profonda e leggera, ironica e serissima.

Perché, citando “I sogni segreti di Walter Mitty” (se non l’avete visto, correte!), la quintessenza dello scatto perfetto (o di qualsiasi informazione), non è mai nella foto ma in chi riesce a dargli il valore giusto.
Anche questa è architettura dell’informazione, arrivederci al prossimo summit.

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