I modelli di business e i mercati stanno cambiando in tempi rapidissimi, Uber, Airbnb, Amazon raccontano una nuova storia fatta prima di tutto di persone, di esperienze d’uso, di comportamenti e di fiducia. Se le aziende non vogliono rimanere fuori è necessario che individuare modelli unici e personalizzati nel rapporto cliente-brand.
Lo user experience design è impegnato a progettare queste nuove strategie di business.
Ormai credo che siamo tutti d’accordo: esperti di marketing, pubblicitari, accademici e consulenti l’essenza di un brand non può più essere espressa solo dalla creatività, ma deve essere orientata dall’esperienza d’uso del prodotto o del servizio.
Il mercato in Italia sembra ancora avere interiorizzato poco questo dato di fatto, altrimenti non ci sarebbero le onnipresenti 3 proposte grafiche richieste nei bandi e nelle commesse di prodotti e sistemi digitali.
I comportamenti decisionali delle persone
Le persone sono umane e sperimentano il mondo in modo diverso, la creatività spesso non influenza i loro comportamenti di acquisto. Lo fanno invece altre cose: la convenienza di un prodotto ma ancora di più l’esperienza che sarà in grado di offrirgli quel brand, molto prima e molto dopo il momento dell’acquisto.
È in una di queste fasi che la persona con un atto di fiducia concede i suoi dati e permette al brand di lavorare meglio per lui offrendogli prodotti/servizi ritagliati sui suoi bisogni. Questa è la nuova catena del valore sulla quale i nuovi mercati lavorano.
L’ampia disponibilità di dati personali, insieme con la capacità di memorizzare e analizzare i dati, permette alle aziende di personalizzare l’esperienza delle persone. Con tecnologie come gli smartphone, le reti di sensori e prodotti collegati intelligenti, le multinazionali sono in grado di interagire con i consumatori in maniera talmente specifica da ricordare il caro vecchio negozietto di quartiere.
Il marketing e il funnel
Il passaggio attraverso le esperienze personalizzate cambia il rapporto che il marchio ha con i propri consumatori. Oggi il processo di acquisto non è quello di una volta stigmatizzato dal marketing:
- Awareness: l’utente è consapevole che il prodotto esiste
- Interest: riuscire a stimolare in lui un interesse, portandolo a pensare che è proprio il vostro prodotto quello migliore per lui
- Desire: dall’interesse scaturisce il desiderio di avere il prodotto
- Action: l’utente acquista il prodotto.
Un consumatore che acquista un prodotto non compie questo percorso che lo porta dalla presa di coscienza di un bisogno alla consapevolezza, e che si conclude con la scelta e l’acquisto perché sono cambiati i termini di riferimento.
Gli oggetti sono cambiati
Prendiamo un oggetto diffuso come un termostato: 10 anni fa, una persona avrebbe fatto ricerca – forse leggendo recensioni di prodotti o rivolgendosi a un negozio di ferramenta – e poi avrebbe acquistato il prodotto.
Oggi, se si acquista un termostato intelligente, per intenderci quelli che gestiamo attraverso una app dello smartphone, l’acquisto e l’installazione del prodotto è solo l’inizio del rapporto con il brand. Il termostato impara le preferenze della famiglia, e il via vai di chi è in casa. Oggi ci sono termostati che inviano e-mail mensili, specificando il consumo di energia rispetto alla media del quartiere. In questo modo, le esperienze personalizzate permettono un’evoluzione tra brand e clienti attraverso l’utilizzo del prodotto e un servizio continuativo.
Lo user experience design studia come progettare al meglio la relazione tra brand e prodotto
Comprendere come le persone utilizzano i prodotti, cosa si aspettano prima e dopo il momento dell’acquisto e individuare soluzioni per potenziare questa relazione non è design, non è comunicazione, è business, con tutto il carico di responsabilità che questo comporta.
Per questo il mestiere dello UX designer è sempre meno tattico-operativo e sempre più strategico.
Gli UX designer sono i nuovi business analyst?
Forse sì, ma con un approccio completamente diverso dal modello precedente. Se prima le regole dei mercati erano stabilite dai colossi aziendali oggi la differenza la fa chi sa intercettare i bisogni reali dei propri clienti modellando l’offerta su questi. Questo passaggio fondamentale non può essere condotto una tantum e neanche a scadenze regolari (ascolto i miei clienti ogni 6 mesi), ma è un processo continuativo che analizza, esplora approfondisce ogni singolo momento dell’esperienza della persona.
L’altro fattore chiave su cui si misura il nuovo modello strategico è nell’analisi del livello di fiducia generato nei clienti dal brand, elemento totalmente assente nelle analisi tradizionali di mercato.
Io-cliente mi comporto in un determinato modo perché ho fiducia di te-azienda. Sono pronto a concedere il mio tempo, la mia attenzione e i miei dati (e anche il mio denaro) ma non tradire la ma fiducia in nessun momento del percorso della nostra relazione
Il valore generato dalla relazione cliente-organizzazione deve essere tenuto sempre alto e consistente, pena la fine della relazione e conseguente diffusione digitale della pessima esperienza vissuta.
Lo UX design analizza, progetta e monitora le tipologie e i livelli di valore che si instaurano tra clienti e aziende suggerendo l’intervento su eventuali criticità. La fiducia nel percorso utente (customer journey) non è cosa che si improvvisa, vediamo quali sono i differenti livelli e su cosa si basano su:
- Valore di scambio: Stiamo offrendo ai consumatori una ragione convincente per condividere i loro dati e dunque dare fiducia al nostro brand?
- Architettura di un sistema di fiducia: Stiamo progettando momenti di implementazione della fiducia – nel percorso del nostro cliente?
- Ecosistemi di fiducia: Stiamo progettando i modi per mantenere la fiducia dei nostri consumatori, ma soprattutto li stiamo costruendo in maniera integrata e omnichannel?
Il valore di scambio
Stiamo offrendo ai consumatori una ragione convincente per condividere i loro dati?
Una volta che hanno accordato la loro fiducia come vengono ripagate le persone? Che cosa gli offriamo in base al profilo che loro hanno inserito?
Se la risposta è “pubblicità mirata” allora siete sulla strada sbagliata, lo prova il successo planetario dei sistemi di blocco delle pubblicità su browser e mobile.
Le persone preferiscono evitare i messaggi pubblicitari se possono, anche se il messaggio è a misura dei loro bisogni. La pubblicità mirata è semplicemente l’espressione di un marchio attraverso una comunicazione creativa e non l’espressione di utilizzo nei confronti del prodotto/servizio.
Se i dati delle persone servono invece ad un’offerta tagliata su misura come fa Amazon o Netflix allora c’è un reale scambio di valore in una formula virtuosa. La differenza è nell’offerta di qualcosa che ha un valore per la persona che si predispone a scambiare con la propria attenzione, il proprio ascolto che potrà forse completarsi in un acquisto. Per valutare il comportamento dei clienti si utilizza la ricerca e si costruiscono personas e scenari che rappresentino gli atteggiamenti delle persone di fronte all’offerta del brand.
L’architettura di un sistema di fiducia
Stiamo progettando momenti di implementazione della fiducia – nel percorso del nostro cliente?
Abbiamo progettato importanti momenti di fiducia di costruzione all’interno del percorso del cliente?
Le persone sono pronte a scambiare qualcosa (attenzione, tempo, dati personali) solo se intravedono un qualche valore di scambio. Per valutare e misurare i momenti chiave della persona ci sono le customer journey map che scandagliano l’esperienza del cliente e i suoi momenti della verità. Il percorso rappresentato dalle journey map spiega cosa prova, momento per momento, il cliente e dove la sua fiducia cade e rischia di non rialzarsi nei confronti del brand.
Lo ZMOT (Zero Moment of Truth) è il momento zero individuato dal team di Google per indicare quel momento di primo contatto effettivo tra cliente e brand che incide sulla futura esperienza da costruire. Attraverso le journey map i UX designer aiutano i brand a valutare criticità e soluzioni nei processi di generati dai differenti livelli di fiducia.
Costruire ecosistemi di fiducia
Stiamo progettando i modi per mantenere la fiducia dei nostri consumatori, ma soprattutto li stiamo costruendo in maniera integrata e omnichannel?
I momenti chiave sono spesso aldilà di quelle che consideriamo le interazioni fondamentali tra cliente e brand (acquisto, post care, etc.) e si fissano in momenti di passaggio tra un contatto e un altro. Sono quei momenti spesso non coperti dai touchpoint in essere, ma che possono fare la differenza nella costruzione di fiducia.
È necessario architettare sistemi di supporto attraverso i vari canali in grado da alimentare quella fiducia su cui si basa il rapporto brand-cliente. La persona deve poter contare su risposte continuative senza percepire la differenza erogativa.
Non importa a qualche canale mi rivolgo perché raggiungerò la stessa risposta nello stesso tempo.
Solo così le persone saranno motivate a fornire qualcosa in cambio come il proprio tempo, la propria attenzione o i propri dati. I dati personali e la fiducia dei consumatori sono gli elementi costitutivi dell’economia dell’esperienza (personalizzata). Ma questi devono essere guadagnati dalle imprese, forniti volentieri dai consumatori ma soprattutto progettati con cura senza lasciare nulla al caso.
Per le aziende ignorare tale processo equivale stare in canoa senza pagaiare con le rapide sempre più vicine.
Eppure i presupposti per frenare l’ineluttabile ci sono tutti.
È necessario che le aziende cambino l’approccio al mercato e per andare oltre i numeri delle conversioni.
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