Netflix, tassonomie ed esperienza umana

netflix e la tassonomia

Netflix è un colosso operante nella distribuzione di film, serie televisive e altri contenuti d’intrattenimento via internet. Malgrado l’offerta insuperabile c’è qualcosa da migliorare nel servizio ed è qualcosa che resta ancora molto sottovalutato dalle aziende tecnologiche: il fattore umano nella classificazione.

Tutti noi amiamo Netflix perché ci fa compagnia, perchè ci permette di scegliere perché lo possiamo vedere ovunque: in salotto in camera da letto, in bagno, in viaggio.

Netflix ci permette di dire addio a molta trash tv, di interrompere un film per fare pipì o addirittura di portarci dietro il tablet se siamo sul più bello.

Ma questi giorni riflettevo su quello che, secondo me (ohi ohi sempre la solita pedante!), è l’unico vero neo di un grande servizio: la tassonomia con cui sono organizzati i film.

Le tassonomie di Netflix

Per chi non conoscesse Netflix in homepage i clienti possono esplorare l’offerta nei due sensi della schermata: verticale con lo scroll e orizzontale con il carousel a card.

Ogni fascia orizzontale è caratterizzata da una tipologia di film offerti nello scorrimento.

Queste le categorie in homepage di Netflix contenenti box carousel con titoli e locandine:

Le tipologie di categoria

Se viste con un occhio più attento le categorie sono un pot pourri di criteri di organizzazione. I criteri rilevati:

  1. argomento (drammi romantici, azione avventura, etc.)
  2. tipologia broadcast (serie tv, film originali Netflix)
  3. cronologia (nuove uscite, aggiunti di recente)
  4. popolarità (i più visti su Netflix, i titoli del momento).
  5. riconoscimenti (film premiati agli Oscar)
  6. origine (film italiani, film indipendenti)
  7. tipo spettatore (film per bambini, avventure per famiglie).

Tale audace spirito classificatorio si spinge a creare nuove categorie mixando quelle esistenti:

I differenti criteri

Gli stessi film appaiono troppe volte in categorie diverse, creando fastidio e frustrazione nei clienti (ma questo non  l’avevo già visto 2 volte?).
Le categorie si sovrappongono (Film avvincenti e Film d’azione, Film per bambini e Film per famiglie, etc.), e sfido chiunque a spiegarne le differenze.

Anche la scelta del labeling non sembra dettata da un’analisi all’insegna del rigore e dell’omogeneità: perché “Film” italiani o indipendenti e poi solo “Horror” o “Thriller”?

La ciliegina sul maraschino è, però, nel menu in alto a sinistra nella voce “Sfoglia” dove si trovano solo alcune delle categorie presenti al centro della pagina, ma ve ne sono addirittura di nuove come:

Menu Sfoglia di Netflix

Un’esperienza utente faticosa

Tale insalata russa classificatoria lasci un po’ perplessi, non è possibile che una realtà come Netflix non abbia investito nella ricerca e nella restituzione dei risultati.
Sarebbe interessate capire quanto ha lavorato sull’esperienza utente (come cercano le persone? Cosa vogliono vedere? le disturba vedere 10 volte lo stesso film in categorie diverse? Si sentono prese in giro?) e come sono state costruite le differenti categorie che oggi appaiono sciatte e poco studiate.

Questo è un problema diffuso: l’App Store indicizza le app in maniera sommaria e superficiale in categorie ormai poco efficaci.

La sensazione è che di classificazione umana (fatta da persone umane per persone reali) non si debba parlare, non fa “figo”, appare sinonimo di vetusto in contrapposizione alla ricerca e alla tecnologia considerate più cool.

La tassonomia serve a potenziare un recupero dell’informazione in asse con i modelli mentali degli utenti, facilitando l’esperienza utente.
E’ fondamentale stabilire dei criteri chiari di organizzazione, ad esempio:  Film  / Serie all’interno dei quali ci potranno essere le categorie Argomento e la possibilità di raffinare attraverso filtri: origine, premi, tipo utente, etc. come nei migliori canali dell’ecommerce (da yoox.com a booking.com) l’obiettivo è trovare quello di cui si ha veramente necessità.

Poi, certo, è possibile potenziare l’aspetto di personalizzazione che dovrebbe essere meno impersonale e automatico (e dunque dal sapore un po’ falso) e i Consigliati a Maria Cristina potrebbe essere integrato da elementi più raffinati, magari integrati dai dati presenti su altri siti come fa Etsy.com.  Allora si vedrebbe titoli veramente in grado di sorprenderci (ma come hanno fatto a capire che mi sarebbe piaciuto?) con una conseguente user experience da far schizzare alle stelle l’affiliazione al brand.

Tornare alle origini

Bisogna tornare a lavorare sulla classificazione umana, su quella che Barbara Sgarzi ha raccontato così bene nella sua esperienza a Yahoo!:

noi recensivamo il web a mano. Adepti di un unico dio chiamato Directory. Vestali della Tassonomia, diretta emanazione di quella americana, ma leggermente adattata — localizzata — per incontrare meglio la cultura locale. [leggi “gli utenti giusti”]

Le directory sono necessarie per non perdere lo spessore della complessità umana, nelle sfumature e nei colori, altrimenti quello che resta è un’offerta piatta e monocolore.

C’è ancora una cosa da fare che potrebbe essere ancora più sfidante in fatto di classificazione: perché non offrire nuove modalità di scelta basate non su chi siamo in generale (io sono sempre la stessa in generale), ma su come ci sentiamo nel momento specifico di accesso (oggi ho bisogno di rilassarmi, o di piangere, o di stare col fiato sospeso) e quindi andando a colmare bisogni legati allo specifico contesto e alla fotografia del momento.

E allora che esperienza utente sarebbe… assoluta, totale, appassionante.

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