Vi è mai capitato come designer di confrontarvi con temi scomodi? Quelli su cui pochi hanno voglia di parlare? Sono i progetti più difficili, ma anche quelli che offrono maggiori opportunità, e non solo nel design.
Che cosa è un tabù? In etnologia e in storia delle religioni è l’interdizione o il divieto sacrale di avere contatto con determinate persone, di frequentare certi luoghi, di cibarsi di alcuni alimenti, di pronunciare determinate parole, imposti per motivi di rispetto, per ragioni rituali, igieniche, di decenza.
I tabù, possono essere rituali, sociali, comportamentali, alimentari, sessuali, ma anche verbali con la tendenza a evitare determinate parole per motivi di decenza, di rispetto religioso o morale, di convenienza sociale.
Un tabù è un limite che la cultura impone e che le persone adottano influenzato dal contesto e dallo Zeitgeist, lo spirito del tempo (si pensi oggi all’uso attuale del termine “positivo”).
In sostanza un tabù è un insieme di stigmi e di preconcetti che creano un blocco, che impediscono di affrontare la realtà e abbassano la qualità della vita di individui e comunità.
Ma i tabù non sono sempre uguali, evolvono in base ai momenti storici, o sarebbe più corretto dire si trasformano, insieme al complesso culturale di cui sono il prodotto. Questo si traduce nel fatto che alcuni tabù, ed esempio nella sfera sessuale, oggi non sono più tali o altri, come la morte o la vecchiaia, lo sono diventati (si pensi alla relazione che avevano le culture contadine con questi e come oggi si tenda a nasconderli).
Bene, i tabù sono argomenti difficili per chiunque vi si avvicini, diventano per i designer terreni minati quando si progetta per essi. Per certi versi il tabù è l’ultima frontiera del design. I suoi confini vengono impostati e ripristinati costantemente, perché sono in continuo mutamento e intrinsecamente legati alla cultura, alla politica, alla religione e alla moralità.
Salute, problemi fisici, politica, sessualità, corpo femminile, ma anche denaro, disabilità, interventi estetici, terapie psicologiche sono argomenti che le persone spesso sono riluttanti ad affrontare.
Il ruolo del design
Il ruolo del design cambia radicalmente quando progettiamo per spazi che sono percepiti come tabù. Invece di creare semplicemente una soluzione a un problema ben definito, il designer deve creare le condizioni che permettano di entrare in quel ecosistema culturale, di guardare con occhi nuovi, tali da sentirsi confidenti da agire per coltivare una nuova normalità.
In definitiva, progettare per i tabù non riguarda direttamente la cancellazione del tabù, quanto una comprensione profonda di esso (perché esiste, cosa lo scatena, perché le persone lo vivono in tale modo).
Allora, e solo allora, si progetta per iniziare ad abbatterlo, è in quel momento che il design diventa strumento di smantellamento, un atto sovversivo.
Comprendere senza opinioni
Il primo passo è quello di comprendere senza giudicare il contesto delle persone. Per progettare su argomenti difficili bisogna capire a fondo le persone e la loro relazione con l’argomento-tabù, in altre parole bisogna parlare con loro di ciò di cui è vietato parlare.
Come investi i tuoi soldi? Come prendi l’ascensore da ipo vedente? Quale è il tuo stile di vita da paziente diabetico? Come gestisci la tua sessualità? Come hai incontrato gli ultimi partner? Come trovi gli abiti taglia 54? Come ti diverti la sera? Sei praticante, quando e dove preghi? Come funziona quando hai il ciclo? Vai su Youporn? Ti capita di scommettere online? Hai mai fatto interventi estetici e perché?
Queste domande, al centro di molti progetti, non potranno mai essere formulate in maniera così diretta perché toccano temi profondi della sfera personale di ognuno. È necessario assumere alcuni accorgimenti che ci permettano di entrare in sintonia e in confidenza, senza mettere in difficoltà le persone per le quali stiamo progettando.
Accompagnare ad esplorare
Solo le persone destinatarie del progetto possono restituirci la necessaria visione del mondo in forma esaustiva.
Non sempre le persone sono in grado di esprimere e concettualizzare un problema. Capita che i protagonisti stessi non si rendano conto di vivere un tabù, immaginandolo una condizione esclusivamente personale (ad esempio si pensi allo stigma della sindrome depressiva post partum dove il tabù tocca temi ancestrali dell’essere madre).
I tabù provocano chiusura, ma anche isolamento sociale: le persone, se costrette su terreni scomodi, in aree giudicate proibite, si sentono sprovviste e vulnerabili.
Identificare l’origine
Allora come raggiungere persone ignare di avere un problema che deve essere affrontato? Bisogna portare le persone a sentirsi a proprio agio spostando il problema dalla sfera personale all’oggetto di progettazione.
Ad esempio le persone non amano parlare di di questioni finanziarie, ancora di meno quando si sentono inadeguate al tema, in questo caso ci si può focalizzare sulla complessità del sistema finanziario e sulla comunicazione, spesso criptica, dei prodotti di investimento.
Immergersi in determinati temi e progettare per essi richiede responsabilità. Non solo nella relazione con l’altro, ma in primis, perché la nostra azione ha un impatto, a livello sociale, culturale e di modelli. Per questo motivo, più che su altri argomenti, progettare per tabù richiede tutta la nostra attenzione e la nostra esperienza di designer.
Tutto questo si traduce in alcune azioni che ogni designer ha sperimentato almeno una volta nella propria vita professionale.
Vediamole.
1. Conoscere il dominio prima del tabù
Prima ancora di tacciare il tabù come problema è necessario identificare le ragioni profonde degli ostacoli che genera. Identificando il dominio è possibile spostare il focus su quello che provoca il tabù indagando meglio il tema. Questo permetterà di identificare nuove soluzioni per affrontare il progetto senza i vincoli del tabù: come nel caso di Tampax che ha spostato il focus del ciclo mestruale da stigma e stereotipo a affermazione del proprio sé personale e unico.
Può anche capitare poi, come è successo al nostro team, di scoprire che il tabù appartenesse alla sfera dei ricercatori e non delle persone coinvolte: il caso di un progetto con persone ipovedenti che avevano l’obiettivo di testare ascensori di nuova generazione. Il tabù dei ricercatori era quello di dover affrontare verbalmente temi visivi e interattivi con persone che utilizzano altri sensi per muoversi nello spazio.
2. Capire come umanizzare il tabù
Quando si tratta di tabù, il nostro istinto è voltare le spalle. Per evitare la conversazione o ritirarsi su storie e spiegazioni comunemente note. Lo sforzo di progettazione si traduce in scollare, strato dopo strato, lo stigma che circonda un argomento tabù. Più esplicitamente, il design deve umanizzare il problema: rendendolo riconoscibile, accessibile e personale. Questo può essere fatto attraverso le parole che usiamo, il modo in cui inquadriamo il problema o il modo in cui rappresentiamo l’argomento.
Come esplorare l’universo sessuale delle giovani donne per progettare una contraccezione informata? È la storia dei Diva Center un progetto rivolto alle ragazze africane che attraverso i nail salon si sentono più a loro agio per affrontare i temi della sessualità. Ambienti lontani dall’argomento di origine, percepiti come sicuri che gli permettono di superare il tabù sia nell’aprirsi al dialogo che ad accogliere l’informazione.
3. Rispettare le difficoltà
Gli argomenti tabù devono essere introdotti valutando via via le reazioni dell’interlocutore.
Alcuni argomenti richiedono la presenza di un ricercatore dello stesso sesso, vicino come età o che abbia sperimentato situazioni affini (es. neo genitore). Ci sono altri casi in cui, per motivi generazionali, il ricercatore debba assumere ruoli differenti: facilitatore di confronto tra pari (es. più ragazze chiamate a raccontare il rapporto con il cibo dove il tabù è la trasgressione alimentare) oppure osservatore neutro prima di essere accettato dalla persona o dal gruppo (es. essere accettati da una comunità religiosa dove il tabù è l’apertura ai non-membri).
In questi casi, poi, si possono utilizzare materiali di stimolo che mettano i partecipanti a proprio agio nella discussione aprendosi alla fiducia di chi guida.
4. Rinominare gli stigmi sociali
Una volta identificate le molle profonde che scatenano il tabù diventa più facile affrontarlo. Le persone costruiscono linguaggi difensivi che li proteggono dallo stigma. Utilizzare le stesse parole delle persone significa entrare nel loro dominio semantico evitandogli lo stridore del linguaggio che rifiutano. Potremo nominare i termini corretti, una volta avviata l’accettazione nel corso dell’intervista, permettendo alle persone di riconoscerle spontaneamente.
Un esempio recente ci ha messo a confronto con pazienti di una rara patologia polmonare che tossendo espettoravano continuamente e parlarne causava loro un profondo imbarazzo e difficoltà nei termini utilizzati. Abbiamo lasciato scegliere a loro le parole per poi associarle, solo in un secondo momento, a quelle riconosciute dal committente Pharma.
5. Accettare la resistenza
Non tutti desiderano essere liberati da un tabù, non tutti riescono a superare la percezione dello stigma. In quel caso possiamo solo offrire alle persone percorsi alternativi che si adattino alla distanza che vorrebbero mantenere. Come nel caso di pazienti diabetici che rifugivano o indugiavano sulle domande riguardanti l’aderenza allo stile di vita prescritto dal medico. In quel caso abbiamo spostato l’attenzione su altri aspetti della loro vita che ci aiutassero a comprendere le loro difficoltà di aderenza al piano terapeutico.
Probabilmente, come designer, tutti ci siamo imbattuti in temi difficili, sui quali le persone interessate alla progettazione hanno dimostrato una qualche forma di reticenza. Li abbiamo bollati come progetti/argomenti ostici, magari senza accorgerci toccavano temi profondi del vivere sociale.
Progettando per essi, ma anche affrontandoli, abbiamo contribuito a mettere in luce aspetti importanti che impattano realmente sulla vita delle persone.
Ci accorgeremo come designer che è il primo passo per affrontare qualsiasi tema, tabù o non tabù.
Suggerimenti
Per approfondire dall’utilizzo del gioco agli strumenti visivi passando per divinità e toilette africane.
3 Tips for Exploring Taboo Topics Through Play
From periods to depression: how design can help us talk about taboo topics
How to design for taboos? A design intervention to overcome the taboo of menstruation in India
An Enterprise That’s Committed to Putting a Toilet in Every Home