Molti adulti non trovano il tempo per divertirsi. Questo è un errore. Oltre a generare il piacere del momento, il gioco condotto in modo regolare, produce benefici mentali e fisici di lunga durata. Per attingere al potere del gioco, bisogna ri-partire da cosa si amava da bambini per poi adattarlo alla tua vita adulta.
>> Questo non è un post originale, è la traduzione rivista e adattata dell’articolo di ThinkBig grazie alla segnalazione di Fabrizio Lonzini (Thanks :). Il post è dedicato a tutte le persone dell’Inps con le quali sto giocando intensamente in questo momento.
Nella sequenza di apertura di Squid Game, recente successo di Netflix, in una gara distopica di sopravvivenza, il protagonista racconta le regole di uno dei suoi giochi d’infanzia preferiti. Per vincere, batteva il piede sulla testa di un calamaro disegnato a terra. In quei momenti, si sentiva come se il mondo intero fosse nelle sue mani.
Le scene successive descrivono come negli anni, la sua vita si sia allontanata da tali momenti spensierati. Divorzio, debiti, gioco d’azzardo: nessuna leggerezza. Il protagonista vive con la madre schivando gli usurai. E se avete visto la serie, le cose peggiorano solo, via via più pesanti e violente.
Squid Game può piacere o no, ma sorprende quando sottolinea un comportamento comune alla vita adulta: i freni che ci poniamo di fronte ad ogni forma di svago.
In un’intervista con Big Think+ Michael Strahan, stella del football americano, uno sportivo che ha costruito una carriera sul gioco, dichiara: “Spesso da adulti dimentichiamo che non dobbiamo essere seri su tutto. Possiamo anche divertirci.”
Ci sono molte spiegazioni per questa amnesia della maturità. Le liste di cose da fare tendono a crescere insieme alla nostra età, e spesso si concentrano esclusivamente sul fare, su attività che contemplano impegno e focalizzazione di obiettivi da raggiungere: costruire una carriera, pagare le tasse, trovare un posto nella società. Tutti noi abbiamo sentito almeno una volta: “Non essere infantile, non fare il bambino…” Spesso addirittura da bambini 🙂
Questo perché le sfide a cui siamo sottoposti sono molto più inclini all’ansia che alla gioia. Qui entra in gioco quella parte un po’ negletta nell’età adulta che si chiama atteggiamento giocoso, perché il gioco non è solo distrazione: è un vero e proprio imperativo biologico.
Gli istinti che guidano il gioco
Questo vale per ogni creatura, non solo per gli esseri umani. I macachi giapponesi fanno le palle di neve e le fanno rotolare giù dalle colline per divertirsi. Gli orsi polari selvaggi sono stati fotografati mentre si divertono sul ghiaccio con gli husky domestici. I maiali possono imparare a interagire in laboratorio con semplici videogiochi, anche se, bisogna dirlo, le motivazioni innescate da ricompense alimentari sostituiscono il desiderio di scalare le classifiche.
I gufi giocano con le foglie. E internet è pieno di immagini di gattini che si avventano su palle e gomitoli e che si infilano in contenitori, spesso, a loro discapito.
Queste creature non lo fanno per i meme. La scienza ci dice che gli animali giocano per esercitarsi a schivare predatori, catturare prede e sviluppare legami sociali e gerarchici.
E noi perché lo facciamo? Il gioco umano probabilmente si è evoluto per ragioni simili, in modo che i bambini potessero apprendere le abilità di cui hanno bisogno per sopravvivere da adulti. Scherzare può aver incoraggiato la cooperazione tra i cacciatori-raccoglitori, che si sono dovuti adattare a nuovi modelli di ricerca e scoperta.
Oggi il potere del gioco consiste nella fondamentale capacità di ridurre lo stress e aumentare il senso di benessere. E se questo non avviene mentre lo facciamo è perché stiamo giocando nel modo sbagliato.
I benefici assoluti del gioco
Siamo sollecitati a giocare perché è salutare. Gli studi hanno dimostrato che i ratti privati del gioco da cuccioli sviluppano carenze nella corteccia pre-frontale.
Per gli esseri umani, la mancanza di gioco può portare a irritabilità, depressione e comportamenti potenzialmente dannosi per sé e gli altri.
Stuart Brown, psichiatra studioso del ruolo del gioco tra le specie, cita la storia di Charles Whitman uomo apparentemente tranquillo, trasformatosi ad un tratto in feroce assassino. Nel processo e negli studi successivi fu considerata “la grave privazione del gioco infantile” come una delle cause delle sue azioni.
L’autopsia di Withman evidenziò un tumore che comprimeva l’amigdala, la parte del cervello coinvolta nella regolazione delle emozioni.
I genitori che reprimono il loro lato giocoso non sono in grado di riconoscere i segnali di gioco dei figli che da adulti, a loro volta, perpetuano il ciclo.
Il gioco non solo stimola la crescita della corteccia cerebrale e delle cellule cerebrali, ma permette il rilascio di endorfine, che innescano quell’energia e quella eccitazione che nei bambini sembrano non esaurirsi mai. Il gioco aiuta a prevenire e gestire i sintomi di malattie come la demenza senile e l’Alzheimer.
Al lavoro, “giocare” con i problemi stimola la creatività e migliorare il pensiero critico, accelerando l’apprendimento e rendendoci più produttivi.
“Io gioco tutti i giorni con i microbi” scherzava Alexander Fleming, perché si può essere professionisti inappuntabili pur mantenendo uno spirito giocoso. L’umorismo e l’autoironia aiutano molto spesso salvano la vita.
Il gioco è anche un attivatore di fiducia e speranza: ci aiuta ad abbassare la guardia e a connetterci con gli altri costruendo relazioni più resistenti. Questa capacità di adattamento spesso si estende anche alla salute fisica e mentale, riducendo il cortisolo (l’ormone principale dello stress), diminuendo la pressione sanguigna e aumentando il senso di benessere.
Come riprendere il gioco (abbandonato crescendo)
Ripartiamo dalla definizione di gioco: un’attività che facciamo per noi stessi. Non perché si deve o per produrre risultati, ma solo perché ci fa stare bene. Per spiegarla attraverso un paragone: si dovrebbe avere una motivazione intrinseca per godersi il viaggio tanto quanto (o più) della destinazione stessa.
È la leggerezza che avevamo da bambini che torna: essere giocosi è un’abilità che noi adulti possiamo re-imparare.
Ma quale forma dovrebbe assumere il nostro gioco? Dipende, non esiste, una risposta univoca.
Proviamo a chiederci cosa amavamo da bambini e cosa amiamo oggi, spesso non sono così distanti.
Ci sono persone cinestetiche, storyteller, registe, che amano le sfide, avventurose, riflessive o sognatrici. Esistono molte tipologie di giocatori in cui possiamo ritrovarci.
Qualunque tipo di giocatore siamo e qualunque gioco amiamo, all’aperto è meglio. Un maggiore contatto con la natura è associato a molti degli stessi benefici del gioco sulla salute, nonché a un sistema immunitario più robusto.
Il fumettista Bill Watterson doveva essere ispirato da questo quando ha inserito nella sua striscia quotidiana: “Se le tue ginocchia non sono verdi entro fine giornata, dovresti riesaminare seriamente la tua vita“.
Anche i videogiochi, secondo questi principi, non sono da demonizzare. La ricercatrice e designer di giochi Jane McGonigal ha notato come i cicli di prova-fallimento-prova nei videogiochi, a ci si sottopone per superare un livello, coltivano qualità sublimi come la perseveranza. Affrontare questo tipo di ostacoli con altre persone promuove la collaborazione, per questo non bisognerebbe avere mai paura di rendere giocosi e leggeri i posti di lavoro.
Infine un’ultima riflessione: abbiamo davvero bisogno di condividere sui social i momenti di gioco? Quando ci facciamo un selfie mentre cuciniamo o facciamo un giro sul monopattino, non stiamo solo giocando, stiamo esibendoci (e non sempre con risultati positivi). La caccia ai Like è alternativa al gioco, che chiede un tempo privato, da preservare e mantenere personale. Non è più gioco quando se ne parla, il gioco si fa.
Riappropriarsi del tempo perduto
Quale migliore occasione se non un auspicio di inizio anno: re-inserire il tempo del gioco nel proprio quotidiano. Fermarsi un’ora qua e là e ritagliarsi lo spazio necessario e proteggerlo dalle cose meno piacevoli.
Una volta presa l’abitudine di dare la priorità al gioco, si possono adottare approcci più informali e sviluppare spontaneità mano a mano che si procede.
Allora se siete felici fateci caso perché o state giocando o avete voglia di farlo.
Strahan ancora una volta semplifica le cose con una rapida riflessione mattutina. “Mi sveglio”, dice, “metto su la mia musica e… guardo cosa devo fare durante la giornata, ma soprattutto come posso renderlo divertente”.
E così sembra davvero facile.
*Quando siete felici fateci caso è il titolo italiano di un collezione di saggi di Kurt Vonnegut che trovate qui