Come designer usiamo le mappe per sviluppare intuizioni, catalizzare idee e unificare le prospettive.
Non importa chi siamo: UX, experience, information architect, service, content strategy thinking designer, tutti utilizziamo le mappe. Nello sviluppo dei progetti tutti, prima o poi, ci siamo cimentati nel mappare qualche aspetto del processo. A volte senza neanche avere chiaro che lo stiamo facendo.
Journey map, service blueprint, stakeholder map, empathy map, di processo o dell’esperienza sono tra gli strumenti più utilizzati da chi fa design di qualsiasi natura: prodotto, di servizio e /o strategico. Perché sembra che non se ne possa più fare a meno? Perché alle mappe è delegato un compito fondamentale.
Shahrzad Samadzadeh, nel suo talk e nel articolo intitolato “Do not Make a Journey Map“, esamina l’attenzione che Gartner ha messo negli ultimi anni sulle customer journey map.
Le mappe aiutano a mettere ordine e a gestire le sfide dei mercati. Anche Herbert Simon parla del design come di un “passaggio da situazioni esistenti a situazioni preferite” e di come le mappe ci aiutino a realizzarlo. Quello che un tempo in ambito geografico era: “come passo da A a B?” – e oggi sembra dare senso all’intero processo di progettazione. Bisogna fare però attenzione affinché gli strumenti e i metodi non diventino sinonimi dell’approccio.
È fondamentale tenere presente che le mappe sono solo una parte del puzzle di progettazione.
Le mappe sono rappresentazioni, un tentativo di tradurre la complessità in una forma comprensibile. Sono usate per rappresentare e descrivere servizi, esperienze e sistemi nel modo in cui li comprendiamo, o come vorremmo che fossero.
Oltre a rappresentare la complessità che viviamo e che condividiamo le mappe hanno un altro fondamentale obiettivo: l’allineamento.
Rappresentare la complessità emergente e allineare la molteplicità
Gli ultimi due decenni hanno visto un’esplosione nella complessità nei bisogni delle persone e nei contesti organizzativi, richiedendo sempre nuovi strumenti per comprendere l’adattamento al contesto d’utilizzo.
Richard Buchanan parla di “livelli del design” e di come la progettazione sia soggetta ad una vera e propria evoluzione.
- Il primo livello è quello della comunicazione che avviene attraverso segni, simboli e immagini.
- Il secondo è la costruzione di cose fisiche.
- Il terzo è rappresentato dalla pianificazione strategica di servizi, processi e attività, a cui possiamo riferirci come progettisti di servizi.
- Il quarto è l’integrazione sistemica: la progettazione di ambienti, sistemi, idee e valori all’interno dei quali si sviluppano tutti gli altri piani del design.
E’ sempre Buchanan a sottolineare come il terzo e il quarto livello stiano diventando driver del design. Parliamo di emergenza e di evoluzione della progettazione nei confronti di servizi e di sistemi. Quando questi livelli si sovrappongono le mappe svolgono un ruolo chiave nel dare forma a attività, servizi e processi. Nella progettazione di oggetti, i designer possono fare affidamento su modelli in scala o prototipi.
A livelli più alti di complessità, come nei servizi, non c’è altra scelta che rappresentare la complessità usando una qualche forma di diagramma o mappa. È qui che gli strumenti di mappatura vengono integrati nel design.
Ai designer viene chiesto di assumere compiti sempre più complessi e risolvere problemi sempre più complicati. Le dimensioni di questa complessità includono il numero e la varietà di punti di contatto di un servizio, la gamma di parti interessate, nonché la scala organizzativa e la complessità.
Rallentare, riflettere, orientarsi
Dove siamo? Qual è lo stato attuale? Com’è tutto collegato? Dove possiamo andare? Come ci arriviamo? Le mappe aiutano a rispondere ed esplorare visivamente questo tipo di domande: una volta erano i cartografi a posizionarci nel mondo, e oggi sono i designer a rispondere agli stessi bisogni primari di rappresentazione e orientamento.
Il design e la mappatura sono diventati una forma di traduzione, dove si raccolgono i dati trasformandoli in formati rappresentativi con l’obiettivo si allineare tutte le persone interessate. Così i designer diventano traduttori.
Nell’ambito della progettazione di un servizio, le mappe rappresentano la complessità. Sono strumenti visivi che fanno uso della capacità del designer di sintetizzare le informazioni e rappresentarle. Le mappe svolgono quindi un ruolo significativo nel dare forma ai progetti su cui lavoriamo.
Le mappe aiutano a rallentare, a riflettere e a orientarci, ogni progetto ha le sue mappe:
- con le journey map contestualizziamo i dati della ricerca sia quantitativi e che qualitativi, sovrapponendo questi tipi di dati su una mappa, è possibile vedere i punti in cui intervenire evidenziando le opportunità.
- una grande matrice dei touchpoint permette di documentare i canali attivi e il loro funzionamento. Una mappa permette di riflettere sull’offerta dei competitors e aiuta ad evidenziarne di nuovi. Le mappe forniscono ai principali soggetti interessati le decisioni su dove focalizzare gli investimenti e dove concentrare gli sforzi.
- quando si progettano roadmap e piani di sviluppo, le mappe aiutano i team a navigare nel futuro. Il ruolo del designer è quello di facilitare la creazione di un futuro ideale e aprendosi ad un percorso possibile. Il designer diventa facilitatore.
Tutte queste mappe insieme supportano nelle decisioni strategiche. Le mappe sono una forma pura di creazione di senso, mentre guardiamo al futuro, ci viene chiesto come designer di rispondere a problemi sempre più complessi. L’allineamento tra gli elementi e gli attori del sistema è il primo passo necessario per mettere ordine, definire il processo e le sue priorità.
Anche le mappe sono a loro volta mappate Liz Sanders tra il 2008 e il 2014 ne ha elaborate per il design e la design research affermando che”fare una mappa è un modo per mantenere un dominio ancora abbastanza a lungo da poter vedere le relazioni tra gli approcci, metodi e strumenti.
Le mappe sono proprio questo: la rappresentazione migliore per visualizzare le relazioni.
In futuro, le mappe devono passare dall’essere “prodotti” a diventare “strumenti dinamici“. Devono diventare sempre di più la sintesi intelligente della ricerca e la sua narrazione. Il cliente non ha più bisogno di PowerPoint, ma di grandi mappe sulle quali riflettere e orientarsi. Il processo di mapping deve essere sempre più partecipativo e sociale seguendo i principi del codesign e della progettazione collaborativa.
Le mappe aiutano a creare una visione unificata dell’organizzazione identificando le aree di opportunità, ma devono essere intese come un mezzo per un fine, e mai il fine stesso. E lo sa bene chi va per mare 🙂