
Lo so che sarai un po’ esitante nel sentire parlare di onore e sacralità nel lavoro di facilitazione e design, ma dammi fiducia, e prova a procedere con la lettura.
Affronto spesso questo tema con i colleghi su FUNAMBOLICA: come condividere le tecniche e gli strumenti della facilitazione. Come Gerardo de Luzenberger, nell’intervista che ti consigli di ascoltare, non sono una facilitatrice fedele, non mi lego a tecniche particolari, sperimento, a volte mi affeziono.
A pensarci bene, più che alla tecnica, mi sento grata e riconoscente al momento esatto in cui un qualcuno mi ha fatto scoprire quello strumento e me la ha consegnato (fosse anche come autore di un libro!)
Associo la sacralità degli strumenti alle azioni che precedono la performance delle cerimonie tradizionali. Rivedo la preparazione dei ballerini e delle ballerine di danze classiche indiane che, nel trasformare il corpo, entrano in connessione con il rituale che di lì a poco avverrà.
Ogni oggetto, ogni movimento viene dosato con cura e attenzione perché è parte integrante della celebrazione. I gesti, le sequenze, lo stesso replicarsi, perché è proprio in tale esatta ripetizione che quel momento si rifonda.
Quando lavoriamo con tecniche e strumenti privilegiati spesso, più o meno consciamente, adottiamo atteggiamenti rituali piccoli o grandi. C’è chi tocca le sedie prima che i partecipanti arrivino, chi prepara i materiali con un ordine preciso, chi libera la mente attraverso esercizi di mindfulness.
Il parallelismo con i rituali tradizionali permettono di riflettere sul diritto di stravolgere le tecniche e gli strumenti che qualcuno ha ideato e generosamente condiviso con noi.
Il facilitatore o il designer ha creato quel prodotto con un intento preciso, un obiettivo e una intenzionalità che non possiamo ignorare. Stravolgere l’identità di quel processo significa svilirne il dono, il momento, il suo significato più alto.
Gli strumenti che arrivano a noi vanno dunque onorati e protetti perché spesso assolvono a bisogni più profondi. Forse non incontri per caso sul tuo percorso il World Cafè, Open Space, un Lego design, il Design thinking, il Process Work o l’Agile, magari ne avevi bisogno, eri pronto ad accogliere quelle nuove modalità. Prova a riflettere su come ogni strumento acquisito possa essere stato per te una cassa di risonanza della tua identità professionale, o abbia fatto vibrare la tua anima.
Allora ti invito a riflettere su come trattiamo i nostri strumenti. sia fisici che intellettuali. E soprattutto come li condividiamo con gli altri. C’è chi ne è geloso come quei riti che possono essere tramandati solo giunti alla corretta conoscenza, non è un atteggiamento così raro: alcuni di noi sentono la responsabilità nel proteggere gli strumenti insegnati e fanno fatica a consegnarli ad altri per paura di un cattivo utilizzo e di uno svilimento.
Allora prova a chiederti: sto trattando i miei strumenti di facilitazione con il dovuto rispetto? Chi mi ha consegnato lo strumento, chi è la persona che me ne ha fatto dono? È qualcuno/a degno della mia fiducia? È qualcuno/a competente, in linea con il mio essere? Come ho ricevuto questo strumento? Quale sentimento ha prevalso nel vederlo messo in pratica? Quale peso ha avuto lo scenario in cui sono immerso/a? È qualcosa che ricevo con grazia e rispetto? Sono in grado di prendermi il tempo per conoscerlo? Qual è stata la mia prima esperienza nell’uso dello strumento? Ho ricevuto consigli da un/una mentore su quando e come usarlo? Ho potuto riflettere come e dove lo strumento ha funzionato? So riflettere sulle cause di un suo fallimento?
Gli strumenti di facilitazione che utilizziamo sono autentici capolavori, spesso frutto dell’impegno e della saggezza di persone esperte, generose e premurose. Come straordinarie opere dell’intelletto umano vanno protette. Ti invito a considerare questi strumenti come preziosi doni da rispettare nella loro essenza originale.
Il privilegio di adattare uno strumento al nostro stile personale è qualcosa che dobbiamo guadagnarci con il tempo. Questo diritto nasce con la pratica e la dedizione, dopo numerose sessioni e l’attenta osservazione dell’interazione con te stesso/a e con i gruppi che accompagni.
Talvolta, con comprensibile entusiasmo, noi facilitatori – sia principianti che esperti – adottiamo nuovi strumenti senza il tempo di farli veramente nostri. Quando ci avviciniamo a uno strumento senza comprenderne l’origine, il significato e l’essenza profonda, si rischia di non onorarlo pienamente, mettendo in pericolo il nostro ruolo e la responsabilità nei confronti degli altri. Allora ancora qualche suggerimento pratico.
Preparati consapevolmente
Ti invito, allora, a prepararti con consapevolezza prima di aprirti a nuove tecniche e strumenti di facilitazione. Poniti le domande giuste che ti aiuteranno a prendere quel tempo necessario: “Con quale atteggiamento accoglierò questi nuovi insegnamenti?” Prenditi un momento per focalizzare la tua consapevolezza e aprirti completamente all’esperienza. Documenta con cura ogni passaggio, osserva attentamente le dimostrazioni e assorbi le immagini e i concetti associati a ciascuno strumento. Accogli ogni nuovo apprendimento come un dono prezioso.
Approfondisci la pratica
Dopo la formazione, prova a creare un piano dettagliato su come utilizzerai quello strumento e perché sarà efficace nel contesto in cui intendi applicarlo. Esercitati con qualcuno che conosce già lo strumento e mantieni l’apertura ai feedback sulle sfumature più sottili della sua applicazione.
Se possibile nella prima applicazione co-facilita con una persona che ha già esperienza di quello strumento. Dopo la sessione, confrontati per raccogliere osservazioni sul modo di utilizzare lo strumento.
Perfeziona l’approccio
Mettendo l’accento sull’esperienza che vuoi offrire, rivedi il piano iniziale, annota i tempi, i materiali utilizzati e come potresti migliorare l’organizzazione o la presentazione. Impegnati a rendere le tue istruzioni straordinariamente chiare senza temere di esagerare!
Metti da parte le supposizioni. Pensa che ogni strumento sia unico e mai “quasi identico” ad altri che conosci. Anche le differenze, seppur minime, possono essere fondamentali. Dedicati a comprendere perché e come questi dettagli fanno la differenza.
Cura gli strumenti fisici
Oltre agli aspetti concettuali, dedica attenzione anche agli strumenti fisici necessari. La cura nella preparazione dei materiali per le attività Può diventare il tuo piccolo rituale d’inizio: pennarelli organizzati per colore in sacchetti separati, cartelle colorate contenenti le istruzioni scritte per ogni attività, e una sistematica organizzazione per trovare rapidamente ciò che serve. C’è chi ha differenti borse per ogni cosa e chi utilizza scatole di diverso formato per i differenti accessori. La cura che metterai nel progettare una lavagna o un canvas di lavoro rappresenta il tuo modo di onorare il momento e i gruppo.
Strumenti fisici ben mantenuti e organizzati possono contribuire al risultato.
Allora tratta i tuoi strumenti come oggetti preziosi. Quando utilizzati con rispetto e maestria, possono trasformare profondamente te stesso/a e l’efficacia del tempo trascorso insieme al gruppo.
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