La fedeltà del blueprint deve corrispondere alla fedeltà della comprensione del sistema. Man mano che si collabora con gli esperti interni, si aggiungono dettagli chiave. Kendra L. Shimmell
I service blueprint sono strumenti potenti e complessi che vanno progettati con cura. Data la quantità di informazioni che racchiude un service blueprint, è importante definire a priori il livello di fedeltà al quale ambire. Questo tipo di mappe può essere molto raffinato e ricostruire il servizio nei suoi minimi dettagli (alta fedeltà) oppure lavorare ad un livello macro per poi scendere, in un secondo momento, nel funzionamento specifico del servizio (bassa fedeltà).
Come in altri strumenti di progettazione, è consigliabile iniziare da un livello di fedeltà più basso per salire via via ed evitando di impantanarsi. Partire da un livello di dettaglio molto granulare rischia rendere la mappatura troppo rigida e difficile da aggiornare, partire bassi apre a molteplici possibilità di espansione.
Il blueprint dipende dal livello di zoom
L’obiettivo è raggiungere il livello giusto di dettaglio, quello coerente con gli scopi del progetto, in grado di svelare il funzionamento dell’esperienza senza sopraffare i partecipanti nel lavoro e gli spettatori nella fruizione del risultato finale.
Per determinare il livello di zoom adeguato, bisogna interrogarsi sulla funzione del service blueprint. Che cosa vogliamo ottenere? Perché? Abbiamo bisogno di maggiori dettagli del problema inquadrato? Dobbiamo concentrarsi su specifici touchpoint? Dobbiamo volare alti per capire dove si incaglia il servizio? O dobbiamo concentrarci su uno specifico momento dell’esperienza (moment that matter)?
Focalizzato l’obiettivo si può lavorare sull’inquadratura più stretta senza mai perdere la vista globale (siamo sicuri che il problema risieda proprio lì?) solo quando siamo sicuri della stabilità del problema da affrontare diventa utile segmentare l’esperienza in sotto mappature.
In quel caso si creano più mappe in grado di documentare differenti fasi dell’esperienza. Ad esempio, se documentiamo il percorso ideale che ci porta dal desiderio alla consumazione del pasto in un ristorante, si può passare dalla fotografia completa del servizio alta e priva di dettagli e in seguito concentrarsi solo su uno specifico moment of truth o moment that matter, ad esempio, il momento della prenotazione online e della esperienza nel punto fisico.
Il blueprint è uno strumento vivo
Come in qualsiasi processo collaborativo è importante dotarsi di regole e perimetro. Questo si traduce nel mettere a punto gli strumenti e coinvolgere le persone giuste, fornire istruzioni chiare e facilitare i partecipanti nel modo appropriato.
Lavorare in presenza ha i suoi vantaggi, ma anche i workshop in remoto possono essere altrettanto produttivi. Invece di carta e post it, si sfruttano gli strumenti di collaborazione online i cui risultati hanno il vantaggio di essere più facili da sintetizzare. Le sessioni virtuali richiedono una facilitazione ancora più stretta per guidare i partecipanti attraverso il processo, nei workshop in remoto può essere utile lavorare con un team di facilitatori e assegnare un facilitatore per ogni area e ogni team lavorando in sottogruppi.
Il blueprint prototipa
I service blueprint sono, di fatto, prototipi di carta. Jamin Hegeman
È sempre difficile capire come funzionerà qualcosa fino a quando non è tangibile per i servizi questo vale moltissimo. Una volta realizzato, il service blueprint è, di fatto, un prototipo di carta di quello che sarà il servizio. È un prototipo grezzo, a bassa fedeltà, ma è pur sempre qualcosa di concreto, intuitivo che racconta il funzionamento di un processo.
Il service blueprint mette in atto sezioni dell’esperienza e rappresenta in maniera più o meno dettagliata un flusso. Permette di individuare tempestivamente i problemi e visualizzare subito le modifiche proposte. È più facile scrivere con un pennarello su carta o spostare un post it che intervenire direttamente su un call center.
Quando si lavora di concerto con altre tecniche di prototipazione come il service storming, la co-creazione o la rappresentazione scenica, i service blueprint supportano un miglioramento rapido e iterativo dell’esperienza. Sono utilizzati per sintetizzare i risultati delle attività ideative e aiutano a orchestrare i touchpoint. Utilizzando i blueprint come prototipi è possibile passare in maniera più fluida dalla fase ispirazionale alla strategia operativa dell’esperienza che clienti si aspettano.
Il blueprint sostiene la vision
I processi sui quali lavoriamo dovrebbero essere sempre al servizio di un contesto più ampio. Nick Remis
I blueprint sono strumenti potenti, ma hanno bisogno del supporto di altri artefatti per dare vita a un’esperienza completa e comunicare chiaramente una visione agli altri. Gli strumenti che in genere abbiniamo ai service blueprint sono gli scenari d’uso delle persone.
Lo scenario sintetizza l’esperienza di molti clienti racchiudendola in una storia. Dipinge la risposta esperienziale ed emotiva dei clienti mostrando il valore, i momenti chiave e le emozioni desiderate: la mappatura completa il quadro con i dettagli operativi. Le storie di esperienze possono assumere la forma di storyboard, illustrazioni, video o procedure narrate. L’abbinamento scenario-blueprint è particolarmente efficace perché supera una più fredda e schematica rappresentazione di flussi e processi.
Quando elaboriamo la vision del servizio creiamo una connessione solida tra design e storie reali dei clienti, utilizzando uno per guidare la creazione dell’altro e condividendo gli stessi passaggi del customer journey attraverso entrambi gli artefatti.
Partendo dalla comunicazione del progetto e dalle storie identifichiamo i dettagli aggiuntivi dei touchpoint esistenti. Una volta ottenuto l’allineamento, possiamo ideare e immaginare l’evoluzione del servizio nel tempo.
Tutto lo staff interno dovrebbe essere coinvolto in maniera radicale e immersiva, il blueprint rappresenta il campo dove innamorarsi del processo. Quando le persone mostrano attenzione e interesse nei confronti del servizio si può allargare il cerchio coinvolgendo tutte le aree aziendali e gli altri profili professionali.
Con questo post si concludono le riflessioni su service design e sui service blueprint. Il resto e pratica ed esperienza. Allora non vi resta che partire 🙂
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Questo post fa parte di un percorso sul service design.
Se ti interessa puoi leggere i post precedenti e vedere quelli che stanno per arrivare.
La fine di un amore (di servizio)
Sul design dei servizi. Parte 1
Sul design dei servizi. Parte 2
Dalle experience map ai service blueprint
Touchpoint touchpoint touchpoint!
Service blueprint 1. I componenti base
Service blueprint 2. Lo scheletro
Service blueprint 3. Le funzioni (è quello che hai appena letto!)