Lo sfruttamento delle risorse, la produzione intensiva e gli scarti stanno portando il nostro ambiente al limite. I designer possono avere un ruolo chiave a patto che ripensino se stessi e gli approcci utilizzati finora.
Questo post è il sequel di Manifesto per un design sostenibile dove riflettevo sul ruolo del design nella sfida sostenibile indicata dall’Agenda 2030.
Che cosa possiamo e dobbiamo fare come designer rispetto ad un modello economico sempre meno adeguato alle risorse a disposizione, al cambiamento climatico e al crescente gap tra gli standard di vita a livello mondiale? Allora la riflessione si era concentrata sulle persone, sulla necessità, come designer, di coinvolgere e prendere in carico dei bisogni di tutte le persone coinvolte, in qualsiasi ruolo, così da definire un nuovo modello di equilibrio. In altre parole living design for living system.
Il fallimento dei buoni propositi
L’Agenda 2030, sottoscritta nel 2015 dalle Nazioni Unite, difficilmente vedrà la luce perché il programma non è più in linea con i tempi previsti. Risultato che il nostro pianeta sta correndo verso il baratro con accelerazioni a cui tutti assistiamo storditi. Entro il 2050 la nostra capacità di sopravvivenza come esseri umani sarà profondamente ridotta. Il cambiamento climatico avrà cambiato il volto di aree sempre più vaste e sempre più persone saranno costrette a migrazioni forzate dalle condizioni climatiche. Le città collasseranno sotto una crescita incontrollata. La produzione di cibo verrà messa in crisi da tutti questi fattori.
L’economia lineare
Il modello economico che vigente che ha condotto a tale situazione è quello dell’economia di tipo tradizionale che si basa sul quadrinomio:
- prendi
- produci
- consuma
- getta.
A questo si sta contrapponendo negli ultimi anni un nuovo modello di ciclo produttivo rappresentato dall’economia circolare che si basa su semplice “RI” dei prodotti:
- riutilizza
- redistribuisci
- ricondiziona
- rifabbrica.
L’obiettivo è quello di abbattere al massimo la trasformazione in rifiuto di quanto generato, come in natura dove lo scarto di qualcuno è sempre cibo per un altro.
L’economia circolare
Nell’economia circolare i prodotti non hanno un ciclo di vita definitivo con un inizio e una fine. Ogni cosa rientra in circolo: quando i materiali smettono di essere utilizzati, ritornano in un ciclo virtuoso, da cui l’economia circolare. Tutto viene progettato per essere rigenerativo.
Dal 2010 Ellen MacArthur con la sua fondazione è impegnata a dimostrare come l’economia circolare non sia soltanto un sistema capace di rispondere ai limiti ambientali, ma vi siano anche delle enormi opportunità per il business.
Ellen ha spiegato il funzionamento dell’economia circolare attraverso il cosiddetto diagramma farfalla per via della sua forma.
La farfalla di Ellen MacArthur
Il diagramma ha uno schema a specchio che parte dall’alto da entrambe le parti per tornarvi in una sorta di andamento a loop.
A sinistra il ciclo biologico e, a destra, il ciclo tecnico dei materiali. L’economia circolare mira a ottimizzare il flusso di materiali in entrambe i cicli. Riguarda lo sfruttamento, l’estrazione e la trasformazione dei prodotti che devono rientrare un sistema attento.
Nel ciclo tecnico, a sinistra si prolunga la vita dei materiali, sottoponendoli a manutenzione, riutilizzandoli, redistribuendoli ricondizionandoli, rifabbricandoli e, solo in ultima istanza, riciclandoli come materie prime secondarie
Il modello di Ellen MacArthur rappresenta un processo di design, è strutturato su processi di design sistemico che è il propellente per nuovi modelli economici e di business. Il design è ciò che mette in contatto il prodotto con l’esperienza delle persone, ma oggi può essere molto di più. Ma allora quale è il ruolo del design e dei designer in un modello produttivo così distruptive come quello circolare?
Il design circolare e il ruolo dei designer
Nel 2018 la mia riflessione si concentrava sul mettere le persone protagoniste e in connessione all’interno dei progetti, oggi penso che neanche questi non basti più.
Il design inteso come la capacità di affrontare problemi complessi nel dare vita a prodotti, servizi, spazi, sistemi, ha un ruolo fondamentale grazie al sapere interpretare la realtà, creando connessioni e individuando soluzioni.
Il design è chiamato a fare innovazione affiancando le organizzazioni nel trovare nuovi modelli organizzativi, produttivi, umani così da renderle sempre competitive ma meno dannose per il pianeta.
Nel design circolare i bisogni delle persone sono solo una parte di un sistema più ampio. Ascoltare i propri consumatori non assicurerà la sopravvivenza di un sistema destinato a implodere.
Lavorare insieme alle imprese ad un nuovo modello radicale, restaurativo, rigenerativo significa iniziare a pensare molto più in grande: chi soddisferà quello che sto progettando? Chi metterà in difficoltà? Ma soprattutto: quali azioni positive, quali ricadute, quali valori sarà in grado di generare quello che sto progettando? Significa pensare oltre il prodotto e le sue caratteristiche, oltre le persone a cui è destinato.
Quando progettiamo secondo un approccio circolare immaginiamo prodotti/servizi/sistemi che se:
- Riutilizzati torneranno di nuovo ai propri clienti
- Ricondizionati torneranno a chi li ha prodotti per nuovi utilizzi
- Rigenerati passeranno attraverso un nuovo processo di fabbricazione
- Riciclati risaliranno il processo dei materiali.
Quello che siamo chiamati a fare attraverso il design circolare è vitale per il futuro di tutti: possiamo guidare le organizzazioni a pensare oltre sé stesse per immaginare i loro business come veri e propri living system.
Ricondizionare un prodotto è più facile che un servizio o un sistema.
Che cosa abbiamo oggi che funziona? Chi sono le persone che lo gestiscono? Quali criticità produce per il living system nel quale è immerso? Come possiamo rigenerare un servizio che sfrutti l’esistente e generi nuovi valori?
Non si tratta di etica, ma di nuovi modelli produttivi destinati a durare, dove tutti ne traggono benefici le organizzazioni per prime.
L’approccio circolare alla sfida produttiva è guidata da un design che alimentando il benessere, l’educazione o la prosperità delle persone e delle comunità crea ambienti sostenibili.
Sette modi di pensare, sette modi di essere
Come designer dobbiamo cambiare il nostro modo di inquadrare le cose, ci pensa Kate Raworth nel suo Economia della ciambella a ricordarcelo che Angela Serra ha recensito nel suo blog in maniera molto efficace. Kate spiega che ci sono sette step che sovraintendono il cambiamento di mindset da parte delle organizzazioni:
- Cambiare l’obiettivo: non deve più essere il PIL al centro ma l’equilibrio collettivo del sistema
- Vedere l’immagine complessiva: l’economia non è solo dare-avere, perché l’economia giri c’è bisogno di energia, come per tutti i sistemi e va considerato nel bilancio insieme al “calore generato”
- Coltivare la natura umana: siamo animali sociali, l’empatia è ciò che ci differenzia dalle scimmie. Abbiamo dei valori in cui crediamo e che difendiamo.
- Acquisire comprensione dei sistemi: applicare il cosiddetto System Thinking considerando l’energia e l’ecologia nei bilanci aziendali, creando modelli dinamici e non statici
- Progettare per distribuire: la sharing economy sta già funzionando in molti campi, qui un TED di William Kamkwamba. Grazie ad un libro letto in biblioteca, William ha potuto costruire un generatore eolico per la sua famiglia; pensiamo a cosa potremmo fare mettendo a disposizione di tutti le nostre conoscenze tecniche e i nostri brevetti.
- Creare per rigenerare: è fondamentale quando si progetta qualcosa pensare al ciclo completo della sua vita, dalla culla alla culla
- Essere agnostici riguardo alla crescita: la crescita a tutti i costi può non essere il giusto obiettivo per tutte le società.
Prendere posizione
Nell’economia come nel design possiamo e dobbiamo prendere posizione. Significa che dobbiamo scegliere chi vogliamo essere come futuri designer se bruco o farfalla: il bruco con la sua forma lineare mangia, trasforma e poi espelle (design lineare), la farfalla con la sua forma speculare e continua sembra non interrompere mai il flusso (design circolare).
Abbiamo un grande ruolo e una forte responsabilità nel nostro ruolo di designer.
Nutrire le persone in tutti i sensi e i sistemi naturali che supportano la singola organizzazione è essa stessa una fonte di crescita, di creatività e di innovazione. Si immagini una banca che eroghi finanziamenti a chi è in grado di spiegare il valore che creerà per gli altri, o la creazione di una rete di produzione locale che fornisca supporto economico all’area circostante, che a sua volta aumenterà la capacità di acquisto della comunità del prodotto o servizio. Apparentemente semplice eppure complesso nella sua trasformazione.
È un momento difficile per il pianeta, ma non c’è mai stato momento più sfidante per essere un designer.
Come ci dice Tim Brown e come dargli torto?
Persone e riferimenti
Agenda 2030 – Nazioni Unite
Ellen MacArthur – Ellen MacCarthur Foundation
Angela Serra – Letture innovative per una formazione continua
Kate Raworth – Doughnut economics
William Kamkwamba – How to build a windmill
Tim Brown – Circolar design guide