Mamma, questa scuola sta uccidendo la mia creatività. Questa è stata l’ammissione di mia figlia nei mesi scorsi. Ho pensato che fosse l’acme della situazione, spesso desolante, del nostro sistema didattico. Matilde stava dicendo che la scuola le aveva spento la curiosità e il desiderio di coltivare l’immaginazione.
Brutta storia, ho pensato io.
Nei mesi scorsi ho letto qualcosa inerente al problema di Matilde: The Element di Ken Robinson. Se si sorvola sugli esempi, a volte naive e un po’ forzati, il libro affronta un tema forte nell’esistenza di ognuno di noi: la capacità di identificare quello per il quale siamo nati. Si tratta, ci dice Ken, di quel mix tra passione, inclinazione personale e fattori situazionali che incontriamo nel corso della nostra vita.
Il nostro stare nel mondo
Quando incontriamo il nostro elemento entriamo in connessione con la nostra identità profonda, con lo scopo stesso della vita. In altre parole è quello che ci rivela chi siamo veramente.
Ora, ci dice Ken, non pensate a professioni altisonanti o super carriere, ma a qualcosa che, anche se piccolo e poco visibile, ci riesce bene, ci viene facile perché ci fa sentire bene.
Tutti abbiamo questo “qualcosa”, ma solo pochi riescono a identificarlo e liberarlo.
La scuola, come è pensata oggi, non aiuta questo processo di scoperta individuale perché tende all’uniformità. I sistemi educativi premiano l’unica risposta giusta, dissuadendo il pensiero critico e negando quello divergente. Questo affossa definitivamente la possibilità di individuare le proprie abilità e i propri interessi.
Questo ci rende adulti incapaci di abbandonarci alle emozioni e al pensiero creativo. Releghiamo la creatività all’ambito artistico precludendoci la possibilità di uscita da logiche uniformi dettate dai contesti.
Prevalgono buonsenso e intelligenza univoca le cui regole sono quelle imposte dall’ambiente professionale, sociale, scolastico, familiare, etc. Eppure, come ricorda Bertolt Brecht, il buonsenso è il principale nemico della creatività, perché, se una cosa è ovvia, significa che abbiamo abbandonato la possibilità di comprenderla.
Creatività e immaginazione
Quella creatività, quella leggerezza, che si perde nell’età adulta è invece il veicolo per individuare il nostro dono, quello che ci rende speciali. Tanto più si ritengono quei tratti leggeri, liberi da imposizioni esterne (la neutenia di Stuart Brown) tanto più restiamo porosi e aperti al nuovo. La curiosità è quella che ci ha fatto uscire dalle caverne, è quella che concorre a trovare nuove soluzioni per la vita. Di questo si tratta, della creatività che ha permesso all’uomo di andare avanti ed alcuni di brillare quando trovano il proprio elemento.
L’immaginazione è differente dalla creatività, è il potere di portare alla mente cose che abbiamo sperimentato ma anche che on abbiamo ancora vissuto. L’immaginazione foraggia la creatività perché permette l’incontro di passato e futuro, libera la mente dal qui e ora per farla spaziare senza vincoli. Per certi versi, ci dice Ken, è il senso profondo stesso dell’essere umano, è la differenza tra l’uomo che striscia impotente come minuscolo ammasso di carbone (Bertrand Russel) e quel profondo senso misterioso e assoluto rappresentato dall’Amleto di Shakespeare.
La creatività porta l’immaginazione a un senso superiore e ci disvela le idee e il loro valore. La creatività chiede azione oltre il pensiero, anzi si trasforma nella fusione totale di pensiero e azione (James Hillman). È agire attraverso testa mani cuore in maniera sincrona e assoluta (Otto Scharmer).
È un processo pratico che implica un prodotto. Ma richiede apertura della mente e lo stabilire connessioni inedite così da vedere le cose con occhi freschi come dice sempre Luisa Carrada.
Essere in armonia con il tempo
La creatività chiede di uscire dai perimetri imposti per dare spazio al pensiero non-lineare, costruito su metafore e analogie. Insistendo su tale approccio, e coltivandolo fin dalla scuola, quello per cui siamo su questa terra appare più nitido.
Anche perché, dice Ken, riconoscerlo diventa facile quando siamo talmente immersi in quell’attività, in quell’azione, in quel momento che nulla può distrarre. Siamo immersi in uno stato di flusso (Mihaly Csikszentmihalyi), in uno spazio sospeso dove ci sentiamo bene, siamo noi stessi in maniera completa. Eric Clapton chiama questo stato “essere in armonia con il tempo“.
Ken lo chiama “essere nella zona”, nel cuore dell’elemento. Siamo assorbiti, focalizzati concentrati, viviamo il momento, il resto del mondo scompare e diamo il meglio di noi stessi.
Non è fantastico? Lo è, perché il perseguimento di un obiettivo in cui riconoscersi porta ordine nella coscienza, trasforma il tempo e l’esperienza che viviamo. È collegarsi ad un alimentatore.
Tribù e mentori saggi
Ci sono, poi, altri fattori che aiutano a focalizzare il proprio elemento che sono:
- la possibilità di trovare e riconoscersi in una tribù
- incontrare il mentore in grado di leggerci attraverso.
La tribù rappresenta l’alchimia della sinergia: più persone con interessi e passioni comuni che permettono di fare fiorire le abilità individuali.
I mentori sono soggetti speciali in grado di vedere ciò che non appare visibile neanche a noi stessi. Tali persone possono aiutarci in modi differenti: incoraggiano, spingono, riconoscono, facilitano, in alcuni casi ci forzano verso il nuovo. È fortunato chi li incontra e li riconosce sulla propria strada. Bisogna riconoscerli e accettare la loro guida. La gratitudine nei loro confronti è parte della propria trasformazione personale.
Tutti possiamo individuare l’elemento che definisce il nostro posto nel mondo. Nel libro di Ken Robinson ho ritrovato tutto quello che penso sia il fine ultimo del design e dei designer: identificare le risorse nascoste per trovare nuovi modi di affrontare il futuro partendo sempre da noi per poi riverberare l’azione (è la Padronanza Personale della Theory U). Come nella vita il gruppo (team) e la capacità di persone illuminate (leader) fanno il resto.
Bisogna lavorarci, tanto e sempre, per esercitare creatività (creative confidence) con coraggio e curiosità. Perché questo è il sale della vita, come ci ricorda Ken citando William Butler Yeats Cammina leggero perché stai camminando sui miei sogni.
E Matilde?
A lei auguro docenti illuminati, in grado di farla brillare nel suo modo di essere una persona irripetibile. Le auguro di trovare il suo elemento, che la porti in meravigliosi stati di flusso. Le auguro passione, di mantenere intatta l’ironia e la creatività, e una tribù in cui riconoscersi nei momenti buoni e in quelli in cui dubitare. E di trovare mentori fantastici, come quelli che ho avuto io, che mi hanno aiutato a vedere il meglio di me.
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