Lo spazio di scelta o la libertà di non intervenire

la libertà di scegliere

Hai mai partecipato a un incontro, un workshop o una lezione in cui ti sei sentito o sentita sotto pressione per parlare, rispondere, condividere… anche quando avresti voluto?
Lo spazio di scelta è una tecnica di facilitazione che rompe questo schema: dà a ogni partecipante la libertà di non intervenire, senza dover giustificare nulla. È il semplice diritto di dire “oggi passo”.

In pratica, è un modo per ricordare che partecipare davvero significa farlo con intenzione, non per obbligo. E che anche il silenzio può essere un contributo importante, se nasce da un ascolto autentico.

Perché lo spazio di scelta è potente?

Perché crea un terreno fertile per la fiducia, il rispetto e l’inclusione. Ecco cosa rende questo approccio così efficace:

Quando usi lo spazio di scelta?

Ogni volta che il contenuto tocca corde profonde, può creare disagio, o semplicemente richiede introspezione. È particolarmente utile in contesti come: workshop su temi delicati – Se si parla, ad esempio, di discriminazione, salute mentale o identità personale, è fondamentale offrire un’uscita di sicurezza a chi non se la sente di condividere. Lo puoi introdurre in riunioni aziendali o sessioni creative – Non tutti pensano ad alta voce. Lo spazio di scelta incoraggia anche i più introversi a contribuire a modo loro, magari scrivendo o intervenendo in un secondo momento. Oppure può essere utile in contesti educativi, in classe, può essere un alleato potente per evitare imbarazzo, ansia o riattivazione di esperienze dolorose. E funziona benissimo con gli adulti come con i giovani 🙂

Come introduci lo spazio di scelta?

Lo fai con intenzione e coerenza. Ecco, allora, alcuni suggerimenti:

Spiegalo da subito. All’inizio della sessione, racconta che esiste questa possibilità. Dai un nome alla libertà di “passare” e spiega che è parte integrante del percorso.
Dai l’esempio. Se qualcuno sceglie di non parlare, accoglilo con naturalezza. Nessun “Ma dai, dicci qualcosa…” (vietato!!). Il rispetto inizia da lì.
Ricordalo lungo il percorso. Riaffermare questa possibilità, soprattutto prima di momenti potenzialmente delicati, rafforza la sicurezza del gruppo.
Offri alternative. Lascia la possibilità di contribuire per iscritto, in piccoli gruppi o anche dopo la sessione. Il coinvolgimento non ha una sola forma.

Un esempio pratico pratico

Immagina di guidare un workshop sulla salute mentale nei luoghi di lavoro. È un tema importante, ma anche molto personale. Alcuni potrebbero sentirsi pronti a condividere esperienze, altri meno.

All’inizio spieghi lo spazio di scelta: “In qualsiasi momento potete dire semplicemente ‘passo’ o fare un gesto concordato. Non serve spiegare. È il vostro diritto”.

  1. Durante una discussione di gruppo, qualcuno sceglie di non intervenire. Lo ringrazi per la sua presenza, senza insistere.
  2. In un esercizio di riflessione personale, lasci la libertà di condividere o meno quanto scritto.
  3. In uno scenario da analizzare, ricordi che nessuno è obbligato a esporsi se il tema è troppo vicino alla propria esperienza.

Il risultato? Le persone si sentono più libere, più rispettate, più incluse. La partecipazione cresce in qualità, non solo in quantità. E si crea uno spazio dove ognuno può essere se stesso, senza paura di giudizi.

L’impatto di un gesto semplice

Lo spazio di scelta non è solo una tecnica: è un messaggio. Ribadisce che la partecipazione forzata non è mai vera partecipazione. Che il rispetto viene prima dell’intervento. E che ascoltare, riflettere e decidere di non intervenire può essere un atto di coraggio tanto quanto prendere la parola.
Provalo la prossima volta che guidi un gruppo. Ti sorprenderà la differenza che può fare.

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