Lo strumento sei tu

Prima o poi lo abbiamo vissuto tutti: workshop pieni di entusiasmo iniziale, post-it colorati ovunque, un paio di risate… e poi la situazione che torna esattamente come era. Stesse dinamiche, stessi modelli, stessa distanza.

Non è colpa dei post-it, né dei giochi o delle tecniche. Sono strumenti validi, utili. Ma da soli non bastano.
Perché non sono gli strumenti a facilitare. Sono le persone.

Un bravo facilitatore non è chi vanta la cassetta degli attrezzi più ricca. È chi sa leggere il momento, scegliere con intenzione, agire con presenza.

Nella facilitazione e nel codesign è facile cadere in tentazione: concentrare l’attenzione su strumenti, tecniche, canvas, format. Ma la vera differenza non la fa tanto cosa si usa, quanto come e perché lo si fa.
È l’intenzionalità che nasce dalla consapevolezza dell’azione a rendere l’esperienza straordinaria.

L’intenzionalità del facilitatore/trice è il filo invisibile che cuce ogni momento dell’esperienza: dalla progettazione dell’attività alla sua conduzione, dall’ascolto delle dinamiche di gruppo alla cura del clima relazionale. Non è un atteggiamento neutro o meccanico. È una presenza identitaria, consapevole e responsabile, che orienta le scelte non solo operative, ma anche etiche, pedagogiche e relazionali.

Un facilitatore o una facilitatrice intenzionale progetta sempre con uno con scopo adamantino e valuta l’incarico quando la situazione non è tale. Accetta la complessità senza cercare scorciatoie o formule magiche, ma favorendo lo spazio per l’emergere del nuovo, anche quando è scomodo. E si impegna ad essere autentico portando nel gruppo non un ruolo impersonale, ma una presenza viva, capace di ascolto, adattamento, postura riflessiva.

Se lo strumento prevale su di noi

Alzi la mano chi nella progettazione di un’attività non ha mai inserito il pilota automatico: Apro con un giro di check-in…Poi faccio scrivere i commenti personali in silenzio, poi un giro di tavolo… Tutto utile e funzionale ma se fatto senza uno scopo chiaro, rischia di diventare una coreografia vuota. Il facilitatore consapevole non fa le cose perché si fanno, ma perché servono in quel momento a quel gruppo.

Allora cosa significa facilitare con intenzione?

Alla fine, il vero strumento sei tu

La facilitazione non è spettacolo, è pratica. Quello che conta non è solo cosa fai, ma come lo fai.
La tua presenza.
La tua capacità di leggere, ascoltare, stare.
Di tenere lo spazio, nel silenzio o nel disordine.
Di essere flessibile senza perdere mai il centro.

E di chiedere la prossima, e ogni volta, Cosa sto portando dentro questo momento: strumenti e tecniche o tutto me stesso/a?

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