Oggi tutto è servizio. Anche quando si producono oggetti, ciò che le persone realmente vogliono e acquistano è l’esperienza che lo accompagna: la facilità con cui lo scelgono, il supporto che ricevono, la cura che sentono lungo l’intero percorso. Non importa che l’organizzazione sia pubblica o privata: il valore non sta più nell’output finale, ma nella qualità dell’interazione continua con chi utilizza ciò che offriamo. Questo cambio di sguardo richiede di evolvere verso un nuovo modello, fatto di ascolto, co-progettazione, manutenzione delle relazioni. In una parola: diventare quelle che Kate Tarling definisce service organizations, capaci di progettare e orchestrare esperienze che funzionano davvero per le persone. Le service organizations, spiegate nel suo libro, si basano su alcuni semplici principi:
- ogni organizzazione, prima o poi, diventa (o dovrebbe diventare) una service organization. Anche se originariamente non è nata per operare come servizio, oggi nella complessità crescente dell’offerta, tutte le organizzazioni erogano servizi
- la maggior parte delle realtà non è strutturata per consegnare servizi end‑to‑end con successo: i modelli tradizionali di governance, struttura di team, processi, metriche, pianificazione, tendono a ostacolare una customer journey coerente e di qualità dei servizi
- diventare service organization non assicura solo la consegna di prodotti/servizi efficaci grazie alla tecnologia, ma incide direttamente sul sistema organizzativo (strutture, cultura, leadership, processi) perché il servizio diventa espressione del modo in cui l’organizzazione vive e si struttura.
Trasformarsi in una service‑oriented organization
Esistono una serie di azioni da mettere in campo per trasformare un’organizzazione, sono leve del cambiamento che richiedono tempo e impegno per produrre risultati tangibili. Secondo Kate Tarling esistono 5 macro ambiti di intervento e per ognuno propone un trigger sul quale costruire azioni mirate.
AZIONI |
TRIGGER POINT |
Mappare il DNA dell’organizzazione |
Visualizzare l’organizzazione per servizi, non secondo funzioni o silos aziendali, ma rispetto ai servizi che offre: definire servizi principali e servizi di supporto. |
Focalizzare i servizi partendo dall’interno |
Partire dal punto di vista dell’utente/cliente per definire cosa sia il servizio: disegnare le fasi del servizio, osservare ciò che accade realmente, cambiare il linguaggio interno per riflettere la logica dei servizi, creare un framework coerente. |
Misurare e valutare i servizi nella realtà |
Identificare cosa significhi funzionare bene per un servizio, definire metriche di outcome, capire la domanda reale e le difficoltà operative, non ottimizzare elementi secondari, ma concentrarsi su ciò che genera valore vero. |
Integrare i servizi nella strategia e struttura dell’organizzazione |
Allineare strategie, budget, governance, strutture di team e ruoli organizzativi intorno al concetto di “servizio”: fare in modo che non sia un’attività a latere ma la colonna portante dell’organizzazione. |
Allineare i valori: cultura, leadership e comportamenti devono essere coerenti |
Partire allargando lo zoom. Il cambiamento richiede leadership consapevole, comportamenti e responsabilità chiare, formazione e service‑mindset. Non basta un progetto: serve un approccio sistemico. |
L’approccio di Kate risulta particolarmente rilevante nel momento storico, perché invita a guardare le organizzazioni non come strutture rigide fatte di funzioni e gerarchie, ma come veri ecosistemi di servizi. È una lente che si avvicina molto all’approccio di design: centrato sulle persone, attento all’esperienza e al valore che si genera lungo tutto il percorso. In questa prospettiva, non si tratta di intervenire solo su singoli progetti o agire su miglioramento e innovazione, ma di ripensare il funzionamento stesso della macchina organizzativa: dai processi alla governance, dalla cultura interna alle modalità con cui le persone collaborano. È un cambio che produce coerenza nel tempo, perché agisce sulle fondamenta e non sulle superfici.
Questo passaggio da logiche funzione-centriche a logiche servizio-centriche è particolarmente utile quando si lavora con aziende, pubbliche amministrazioni o professionisti che vogliono davvero mettere al centro utenti e clienti. Questo approccio offre inoltre strumenti molto concreti per tenere insieme visione, strategia, delivery e cultura organizzativa: un ruolo di ponte che assicura resistenza ai fattori esterni.
Non è un cambio che si attiva dall’oggi al domani. Non basta adottare una metodologia nuova: servono volontà, responsabilità e un impegno reale da parte della leadership per trasformare strutture e abitudini consolidate. Richiede anche una capacità di lettura sistemica e una buona dose di pazienza, soprattutto in contesti grandi o segnati da silos profondi. E comporta la necessità di misurare non solo gli output, ma gli outcome e l’impatto reale dei servizi, è un esercizio spesso molto complesso, specialmente nelle realtà private come pubbliche molto articolate. Tuttavia, quando questo approccio attecchisce, apre spazio a un modo di lavorare più coerente, più umano e soprattutto più orientato a creare valore che dura.
Kate Tarling
Kate Tarling , leader e specialista dei servizi che aiuta le grandi organizzazioni a creare servizi di successo, modificandone le pratiche operative. Lo fa attraverso la consulenza, la formazione e la scrittura, e fornisce regolarmente consulenza a consigli di amministrazione, dirigenti e team. È amministratore delegato di una società di consulenza sui servizi che ha fondato nel 2012 e in precedenza ha ricoperto ruoli dirigenziali di alto livello nel settore pubblico e privato.
Il suo libro: The Service Organization
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