Negli ultimi anni stiamo assistendo ad un’accelerazione nella digitalizzazione dei servizi pubblici. Moduli online, app istituzionali, pagamenti digitali, consensi, notifiche rappresentano un ecosistema sempre più esteso e ricco, ma anche frammentato, disomogeneo, difficile da navigare.
In questo scenario, il contributo di Richard Pope con Platformland: an anatomy of next-generation public services è una chiamata potente: smettere di pensare il digitale come un semplice canale e iniziare a immaginarlo come una vera e propria piattaforma di servizio, capace di generare valore in modo continuo, sostenibile e condiviso.
Oltre la digitalizzazione: verso servizi che funzionano davvero
Pope individua un grande equivoco: molte amministrazioni, ma anche molte aziende, hanno digitalizzato i servizi senza ripensarli. Hanno trasportato processi vecchi dentro strumenti nuovi. Hanno tradotto la burocrazia in interfacce, mantenendo, però, intatte le complessità che congestionano persone, imprese e comunità.
L’alternativa proposta da Platformland è radicale e semplice allo stesso tempo: un servizio non è una pagina web, un servizio è un’infrastruttura, una piattaforma. Ed è nella capacità di progettare queste piattaforme che si alimenta la vera trasformazione.
Costruire servizi come si progettano le città
L’autore utilizza una metafora urbanistica molto efficace: un servizio pubblico (o aziendale) deve avere strade, collegamenti, standard condivisi, zone interoperabili, identità sicure, funzioni modulari che si possono riusare.
Questo significa considerare componenti quali:
- identità digitali affidabili che funzionano ovunque
- dati che non restano intrappolati in silos
- API aperte e integrate per permettere ai servizi di parlarsi
- elementi riusabili che riducono sprechi e aumentano la qualità
- servizi proattivi che anticipano bisogni invece di aspettare richieste.
È il passaggio da un mondo composto da “app e moduli sparsi” ad un ecosistema vivo, coerente, che cresce nel tempo. Come una città che respira, evolve e si adatta, mantenendo, però, fondamenta solide.
I pattern: la grammatica dei servizi
Uno dei contributi più sorprendenti di Platformland è la raccolta di 30 design pattern: modelli ricorrenti che aiutano a costruire servizi digitali robusti, sensati, scalabili. Sono i “mattoni logici” di un nuovo service design:
- riconoscibili
- riutilizzabili
- interoperabili
- adattabili a qualsiasi contesto.
Sono pattern quali la gestione delle identità, orchestrazione dei flussi, notifiche intelligenti, monitoraggio condiviso, credenziali verificabili, componenti certificati e altri. Al centro ci sono i destinatari, veri protagonisti del servizio, l’organizzazione è presente ma resta sullo sfondo.
Perché è importante? Perché riguarda tutti noi
Pensare ai servizi come piattaforme ha un impatto enormemente più esteso del fare meglio un modulo online.
Significa creare servizi più equi, accessibili, semplici, trasparenti, sostenibili nel tempo.
Questo approccio è prezioso non solo per le amministrazioni pubbliche, ma anche per aziende che offrono servizi complessi e multidimensionali: energia, sanità, mobilità, formazione, turismo, welfare. Ovunque ci siano persone da accompagnare attraverso esperienza ricche e complesse, c’è bisogno di piattaforme, non di scorciatoie digitali.
La sfida culturale
Il cambio di paradigma non riguarda la tecnologia. È una questione squisitamente culturale: richiede coraggio, collaborazione, apertura dei dati, fiducia reciproca, standard condivisi, governance chiara. Significa uscire dall’idea che ogni unità o dipartimento debba “costruire il proprio servizio” e abbracciare un modo più maturo di progettare, più inclusivo, costruendo insieme infrastrutture che tutti possano usare. È un invito a passare dalla logica del progetto alla logica dell’ecosistema.
E se re-immaginassimo i servizi in questo modo?
Come designer, facilitatori, innovatori, abbiamo responsabilità e opportunità: accompagnare organizzazioni e istituzioni verso servizi più generativi, più umani, più intelligenti, più connessi. Serve strategia ed endorsement da parte delle leadership che permettano di transire dalle soluzioni digitali rapide a piattaforme che coltivino e sostengono il vivere sociale.
Allora tutti dovremmo iniziare a chiederci se si invertisse la marcia impegnandoci a progettare servizi come infrastrutture pubbliche, quale impatto potremmo innescare nella vita collettiva? Tema apertissimo su cui lavorare insieme.
Richard Pope
Ha fatto parte del team fondatore del Digital Service della Gran Bretagna, collaborando alla prima versione di GOV.UK, con gli standard di servizio che tutti i servizi digitali del governo devono rispettare. Ha collaborato con i team responsabili delle politiche e dell’erogazione dei servizi in tutto il governo, collaborando con loro per riprogettare i servizi governativi in diversi ambiti, come il welfare, la registrazione catastale e l’occupazione.
Ha fondato il team digitale presso Consumer Focus, l’organismo per i diritti dei consumatori. Nel 2018/19 è stato senior fellow presso l’iniziativa digitalHKS presso la Harvard Kennedy School, focalizzandosi sul tema del governo come piattaforma.
Il suo libro è: Platformland: an anatomy of next-generation public services
Ascolta Platformland raccontato dall’autore: Talk with Richard Pope
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Perché la politica ha bisogno del design
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